Quando ci si reca dal dentista per una visita di controllo, periodicamente viene proposta una ortopantomografia, cioè una radiografia di tutta la bocca, che consente di controllare tutta la componente ossea e aerea dell’apparato stomatognatico. Così si può vedere se vi è una sinusite, se i condili sono alterati nella loro anatomia, se vi sono cisti, carie ed altro, permettendo all’odontoiatra di avere un quadro preciso dello stato di salute dentale del paziente.
Molto spesso il professionista, analizzando la lastra, deve prendere atto della presenza di una patologia particolarmente frequente: il granuloma apicale. Questa patologia è rappresentata radiograficamente da una semiluna grigia, cioè una radiotrasparenza, che circonda l’apice della radice di un dente. La causa è solo una: l’attività batterica all’interno della radice dentale. I batteri lì presenti producono tossine che fuoriescono dall’apice verso i tessuti circostanti e procurano una reazione infiammatoria di tipo antigene-anticorpo che culmina con il riassorbimento osseo periapicale (radiotrasparenza) e la comparsa di tessuto infiammatorio. In un dente normale e sano questo non succede perché all’interno vi è presente il nervo vitale e irrorato che si difende quindi dalle presenze batteriche distruggendole con gli anticorpi veicolati dal sangue.
Un’attività batterica che generi un granuloma all’interno di una radice dentale è possibile in due casi:
- nel caso in cui il nervo sia morto spontaneamente (necrosi pulpare: cioè la morte del nervo che si ha durante il classico mal di denti che non recede con nulla)
- nel caso in cui il dente sia stato in precedenza devitalizzato.
Nel primo caso, la colliquazione dei tessuti nervosi e vascolari trasforma l’interno della radice in una coltivazione batterica pura. Il tessuto in decomposizione è un ottimo terreno di coltura per batteri. Questi e le loro tossine fuoriescono dall’apice, ma in una situazione di salute generale buona, vengono immediatamente bloccati dalle difese immunitarie dell’organismo sano e non possono, per fortuna, diffondersi ad altri organi a distanza limitandosi a dare origine ad una sofferenza apicale. Se non interverrà presto un abile odontoiatra che sterilizzi la radice con una buona cura canalare, il dente sarà perso in breve tempo.
Nel caso del dente già devitalizzato, è proprio la precedente cura canalare che può causare il granuloma. Infatti per quanto l’endodontista che ha eseguito la cura anni prima sia stato attento ed abbia operato con le metodiche adeguate (isolamento con diga, bagno di ipoclorito di sodio, ultrasuoni intraradicolari, nichel-titanio, ecc.), inevitabilmente avrà una certa percentuale di casi di granuloma. Magari ci vorranno dieci, venti o trent’anni, ma una buona percentuale dei denti devitalizzati svilupperanno questa patologia. Il motivo può essere vario: per esempio un’anatomia particolarmente difficile, radici con curve molto accentuate, un delta apicale particolarmente diramato, ecc. e per quanto l’operatore sia attento non potrà mai garantire che in quel dente nel tempo non compaia un granuloma. Verrebbe da chiedersi perché allora devitalizzarli? Si continua comunque a devitalizzare un dente compromesso perché è preferibile rischiare di toglierlo forse tra vent’anni da devitalizzato che essere certi di toglierlo subito da devitalizzare!
Il granuloma quando è presente, resta silente per anni. Non da cioè nessun sintomo e molto spesso lo si scopre solo per caso in seguito a controlli radiografici periodici. Gli antibiotici non sono di nessun aiuto in questa fase cronica. Servono solo se il granuloma, in stati di salute fragili dell’ospite, passa alla fase acuta, cioè origina l’ascesso dentale. In questo caso succede che dall’apice del dente fuoriesce una carica batterica e di tossine particolarmente massiccia sia per quantità che per virulenza che, arrivata nei tessuti circostanti la radice e quindi irrorati dal sangue, può essere attaccata e distrutta dagli antibiotici. Ma al di fuori della fase acuta del granuloma, cioè l’ascesso, questi farmaci non servono a nulla.
Una volta accerta la presenza del granuloma è necessario rimuoverlo. Il motivo che rende necessario rimuoverli è che se le difese immunitarie del paziente per un qualsiasi motivo si abbassano, in modo acuto o subacuto, i batteri che colonizzano l’interno della radice possono passare nel circolo ematico e, attraverso questo, raggiungere ed installarsi in aree decisamente più importanti dei denti: valvole cardiache, reni, fegato, ecc., mettendo a repentaglio la salute del paziente.
Le tecniche per rimuovere il granuloma sono tre:
- ritrattamento canalare: consiste nell’andare a rimuovere il vecchio materiale da otturazione canalare, detergere l’interno del dente e sterilizzarlo. Non sempre è possibile. Se per esempio, già dalla radiografia si vede che la cura canalare è buona o che non è visibile il tratto di radice vuoto dove possono annidarsi i batteri, è possibile che questa tecnica non sia sufficiente. Si può allora associare o sostituire con l’apicectomia;
- apicectomia: consiste nel fare una breccia ossea all’altezza dell’apice del dente incriminato e rimuoverlo avendo cura di eseguire un’otturazione della radice decapitata. Anche questa tecnica non è sempre applicabile per motivi anatomici. Per esempio la radice palatina del sesto dente superiore entra molto spesso nel seno mascellare rendendo sconsigliabile l’apicectomia;
- estrazione dentale: quando le due tecniche precedenti non sono applicabili resta solo l’estrazione associata ad una pulizia chirurgica del sito che risolve radicalmente il problema.
Concludendo: i granulomi, che normalmente sono silenti, una volta scoperti vanno eliminati. Il rischio, infatti, è che nel tempo diventino causa di "infezione a distanza" di organi vitali.
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