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Il fluoro fa male

Breve storia del fluoro

by Dott. Maurizio Pedone 24-02-2008 73720 visualizzazioni

Il fluoro, la storia.

 

Come tutti sanno, il fluoro fa bene ai denti, è amico dei bambini, previene la carie. In una parola sola, il fluoro è buono. Questa storia, la storia del fluoro buono, ha inizio nel 1931 quando un certo Dean, dentista americano, fu mandato, dal governo, in una regione del Texas, caratterizzata da acque molto ricche di fluoro, per studiare un fenomeno che colpiva gli abitanti di quella regione: denti scuri e macchiati; il Dean descrisse, con dovizia di particolari, i denti dei texani ed attribuì, macchie e denti scuri, ad intossicazione da fluoro ed, appunto, chiamò fluorosi questa malattia. Allegò, però, alla sua comunicazione, una nota speciale, in cui precisava che i denti fluorotici anche se brutti, fossero più resistenti alla carie, od, almeno, così gli sembrava.

 

Il suo lavoro, venne ripreso, nel 1939, da Gerard J. Cox, biochimico, il quale, somministrò fluoruri a topi di laboratorio, descrivendone la maggior resistenza alla carie, in presenza di una dieta molto ricca in zuccheri. Il suo lavoro si concluse con la raccomandazione, testualmente, di interrompere la bonifica dal fluoro delle acque potabili ed anzi di arricchire le stesse. Questa frase fa intuire, come, fino ad allora, il fluoro fosse considerato tutt'altro che buono, anzi, in quegli anni, fosse conosciuto, essenzialmente, come veleno per topi e come rifiuto tossico industriale.

 

L'inquinamento ambientale di acque e terreni da fluoro, aveva già determinato diverse contestazioni e vertenze legali, fra abitanti ed aziende manifatturiere; del resto, lo smaltimento del fluoro, negli USA, era già stato indicato come obbligatorio. Nel 1939, all'epoca del dr. Gerard J Cox, lo smaltimento dei rifiuti di lavorazione dell'alluminio contenenti fluoro, costava 36 centesimi di dollaro al chilogrammo; la quantità dei rifiuti smaltiti annualmente era di circa 150000 tonnellate. Una spesa, quindi, nel 1939, di ben 54 milioni di dollari annui.

 

Il fluoro, era, però, indispensabile all'industria dell'alluminio, e l'alluminio, era indispensabile nella industria aeronautica in specie in tempo di guerra; la Alcoa, era la maggior produttrice di alluminio. Proprietaria della Alcoa, la famiglia Mellon, così come della stessa famiglia era l'istituto di ricerche Mellon, che, annoverava, fatto curioso, fra i sui dipendenti, proprio il biochimico Gerard J Cox. Nel 1944, il Journal of American Dental Association pubblicò un articolo, in cui, a carico del fluoro, si ravvisava il rischio che lo stesso inducesse osteoporosi, problemi alla tiroide ed alterazioni della colonna vertebrale, mentre se ne contestava l'efficacia nel ridurre le carie.

 

Nonostante la forte opposizione di una parte del mondo scientifico, si cominciò a pensare, con entusiasmo popolare, ad aggiungere fluoro alle acque potabili. Nel 1945, ci si decise a fare uno studio serio che dimostrasse l'azione benefica del fluoro, verificandone, nel contempo, la tossicità; si prese un'intera cittadina, Grand Rapids, Michigan alle cui acque fu aggiunto il fluoro mentre alla vicina e simile città di Muskegon no. L'esperimento doveva durare, ragionevolmente, 15 anni, ma gli abitanti di Muskegon, nel 1947, ottennero, con la forza, che anche le loro acque venissero sottoposte a fluorizzazione vanificando, così, la sperimentazione. Nel 1950, capo del Public Healt

 

Service divenne l'avvocato Ewing, da sempre, avvocato di famiglia dei soliti Mellon e, convinto assertore della florurazione delle acque; così convinto, che assunse, per persuadere anche gli scettici, il massimo del marketing, Edward Berneys, nipotino tremendo di Sigmund Freud. Rapidamente il fluoro divenne buono. Nel giro di pochi anni, gran parte del territorio nordamericano e canadese fu servito da acque arricchite da fluoro, e ciò senza che fosse stato fatto un solo studio serio sull'efficacia preventiva del fluoro e soprattutto sulla sua potenziale tossicità, ma tutto ciò fu fatto sotto la spinta emotiva entusiastica dei cittadini e con l'aiuto, magari interessato, della grande industria, e del dipartimento di stato.

 

Facciamo un balzo nel tempo; è 1964, un giovane e geniale regista, Stanley Kubrick dirige il Dottor Stranamore, film comico di argomento drammatico: un generale dell'aviazione Americana, Jack Ripper, ( un magnifico Peter Sellers) impazzisce e decide un attacco nucleare agli URSS perchè i comunisti stanno avvelenando con il fluoro le riserve idriche americane. Il film si rifà ad un romanzo del 1958 di Peter George, Allarme Rosso. La storia va avanti così: i bombardieri partono, ma vengono fermati, tutti tranne uno, il lazzeretto, cui si è rotta la radio. Quindi una bomba, una sola, verrà sganciata sui sovietici. Peccato che questi, pochi giorni prima, abbiano reso irreversibilmente operativa la bomba fine del mondo, senza che gli americani lo sapessero. Finisce che i vip vanno nei rifugi sotterranei mentre di sopra arriva il lungo inverno nucleare. Il tutto fra le esiliranti gags di Peter Sellers che nel film interpreta addirittura tre ruoli.

 

Perchè un complotto comunista avrebbe dovuto avvelenare le acque col fluoro? Come venne questa idea in mente a Peter George? Perchè, in effetti, erano stati i socialisti ad aver voluto la florurazione delle acque. Torniamo indietro nel tempo: siamo nel 1933; l'america repubblicana, semidistrutta dalla grande crisi del 1929 vede in Roosevelt una speranza. Milioni di disoccupati, poveri, affamati, vagano per l'america alla ricerca di un lavoro, di una casa, di cibo. Il presidente Roosevelt, può essere definito, modernamente, un socialista, e, socialista, fu il suo programma di impiego delle masse operaie, di sviluppo della scolarizzazione, del macro approccio economico. Fu rieletto, caso unico nella storia, altre tre volte pur non portando a termine, per prematuro decesso, il suo quarto mandato. Fu, quindi seguito, nelle sue teorie e nei suoi programmi, da una folla, entusiasta, di milioni di socialisti. Nel 1933, all'epoca della sua elezione, le condizioni di salute degli americani erano pessime, essendo il sistema sanitario frammentato, del tutto privato, e quindi alla portata di pochi, più o meno come oggi. Non parliamo, poi, della salute dei denti degli americani negli anni 30-40. Un quarantenne aveva una sola probabilità su dieci di avere ancora qualche dente sano in bocca. L'indice DMTF , internazionalmente utilizzato per dare un'indicazione sui denti cariati, persi per carie od otturati, era a valori, quali, oggi, non si ritrovano, nemmeno, nei paesi del terzo mondo.

 

All'amministrazione Roosevelt si deve la creazione del PHS, Public Healt Service, premessa di un servizio sanitario nazionale mai giunto, ahimè, a buon fine. Una delle caratteristiche del socialismo, lo dice la parola, è quella di interpretare i fenomeni sociali come interessanti la società e non, primariamente, gli individui. L'interpretazione della Sanità secondo il modello socialista deve quindi partire da condizioni di benessere sociale collettivo da cui ne discende il benessere dell'individuo; viene quindi privilegiata la medicina preventiva, quella, cioè, che previene la malattia. Un esempio è costituito dalle vaccinazioni. Nell'America socialista degli anni 40, la fluorazione delle acque venne accolta, con entusiasmo, come primo caso di nobilissima medicina preventiva, dimostrando inoltre la naturale ed antica tendenza, della sinistra, all'autogol Fu in questa ottica, che gli abitanti di Muskegon, ingiustamente privati del fluoro, condannati ad ulteriori quindici anni di dolorose carie ai denti, si ribellarono all'esperimento di Grand Rapids e pretesero, addirittura con clamorose azioni di piazza, anche loro, il fluoro buono.

 

In Italia, il primo a parlare di fluoro alla comunità scientifica, fu il dottor Paolo Trivieri, medico condotto di Anguillara, comune dell'alto Lazio, ai tempi, di tremila abitanti; il paese, posto in zona di origine vulcanica, era servito da una fonte, in cui cui il fluoro, viaggiava con elevate concentrazioni, tipo 3-5 mg/litro. Il dr. Trivieri descrive nel 1940, con alle spalle una trentennale puntuale ed eroica osservazione, i denti degli anguillaresi, anneriti, pieni di malformazioni dello smalto. Descrive, in breve, la stessa fluorosi, nei suoi vari gradi, che aveva descritto il dr. Dean, ma le sue conclusioni sono, sorprendentemente, opposte. Il Dott. Trivieri conclude le sue osservazioni odontoiatriche dichiarando che, questi denti fluorotici oltre che brutti, a causa della loro superficie discontinua ed irregolare, siano più ( non meno, ma più) suscettibili alla carie. Descrive, inoltre, la fluorosi delle ossa, con osservazioni cliniche e dirette su cadaveri. Descrive le deformità, le fratture, la elevata fragilità di queste stesse ossa; quadro clinico conosciuto oggi come osteoporosi; indica una correlazione certa fra tutto ciò ed il fluoro ed anzi, non bastasse, descrive:” qui la tubercolosi non manca davvero ( di quegli anni addirittura l'ipotesi di curare la tbc col fluoro) , così come l'ulcera ed il cancro” . Malattie, queste ultime, difficilmente riferibili tanto al fluoro quanto all'arsenico di cui erano parimenti ricche le acque di Anguillara, ma questo il magnifico Dottor. Trivieri non poteva saperlo.

 

I primi studi sperimentali italiani sull'efficacia del fluoro come mezzo profilattico risalgono ai primi anni 50 e furono avviati da Silvio Palazzi direttore della Clinica Odontoiatrica di Pavia e da Alessandro Seppilli, direttore dell'Istituto di Igiene dell'Università di Perugia. Tale sperimentazione, consistette nella preparazione di una pasta dentifricia, in cui si incorporava del fluoruro di sodio in varie concentrazioni. Con tale composto, vennero trattati denti recentemente estratti: si osservava che la dentina e lo smalto di questi, presentavano modificazioni morfologiche interpretate come rimineralizzazione delle stesse. Se, da una parte, anche in questo caso, mancò del tutto una analisi sulla reale efficacia clinica, quello che si chiama studio longitudinale, ed uno studio sulla tossicità del fluoro, va detto che nello storico e combattuto Simposio ( furono molti ed agguerriti gli oppositori) del fluoro tenutosi a Roma il 30 e 31 Marzo 1953 si concluse circa l'efficacia delle paste fluorurate, mentre nulla si disse circa la somministrazione sistemica ( per bocca ) di sostanze fluorurate ed ancor meno si concluse qualcosa circa la fluorizzazione delle acque.

 

Sono due le ragioni ritenute probabili per questo silenzio; la prima, è che la quantità di fluoro presente nelle acque erogate dalla rete idrica italiana, sia pur con molte differenze, è già di per se elevata; media 1 mg/litro. La seconda, inquietante, è che la rete idrica italiana costituita in gran parte di tubi in ferro zincato e con un indice di dispersione superiore al 40% non avrebbe retto all'azione aggressiva del fluoro.

Scritto da Dott. Maurizio Pedone
Caronno Pertusella (VA)

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