E' innegabile che per un dentista sia più semplice inserire un impianto che non eseguire un autotrapianto. E' altrettanto indubbio che poter fornire un elemento naturale come sostituto di un dente perso è la soluzione biologiamente migliore per il paziente.
In aggiunta a questo, se si considera che spesso l’estrazione degli ottavi si rende necessaria per altre motivazioni (inclusione, disodontiasi, interferenze con il settimo, estrusione eccessiva per mancanza dell’antagonista, ecc.), con la tecnica dell’autotrapianto si risolvono contemporaneamente più problematiche cliniche. Ovviamente la localizzazione del dente del giudizio determina anche la complessità dell’intervento: denti in inclusione ossea sono più difficili da gestire rispetto a denti già erotti.
Ovviamente questa non è una soluzione sempre praticabile. Innanzi tutto serve un'attenta analisi radiografica pre-operatoria per valutare l'anatomia radicolare dell’elemento da estrarre e quella del dente del giudizio da trapiantare. Usualmente i denti del giudizio sono ben compatibili con i molari della stessa arcata, anche contro-laterali. Eccezioni si riscontrano maggiormente per l’arcata superiore rispetto alla inferiore, dove il dente del giudizio presenta maggiori varianti anatomiche. Altre volte, però, tali varianti anatomiche possono risultare utili. Infatti capita spesso di riscontrare ottavi superiori conoidi che possono essere trapiantati agevolmente anche in sede di elementi anteriori monoradicolati. In tal caso si rende spesso necessaria una loro protesizzazione.
Utili per l’autotrapianto sono anche elementi soprannumerari e, non ultimi, i mesiodens.
Per una prognosi favorevole il dente da trapiantare non deve mostrare segni di lesione parodontale.
Sono pochi gli autori e i professionisti che, in passato come ora, si sono dedicati e si dedicano a questa terapia riabilitativa e pochi sono i protocolli descritti per l’intervento chirurgico. Personalmente ho elaborato un protocollo operativo che prevede una sequenza di eventi prestabilita. Tale sequenza operatoria prevede:
- Estrazione dell’elemento irrecuperabile;
- Estrazione del dente da trapiantare che verrà immediatamente posto in soluzione fisiologica, facendo attenzione a non toccare la superficie radicolare;
- Analisi dell’apice del dente da trapiantare: se troppo curvo od contorto il consiglio è quello di rimuoverlo;
- Prova dell’alloggiamento nell’alveolo ospite, che qualora mostrasse resistenza all’inserzione del dente andrà rimodellato con frese da osteoplastica;
- Splintaggio dell’elemento trapiantato;
- Adattamento occlusale.
A seconda dell’età del paziente si può optare o meno di praticare il trattamento endodontico del dente trapiantato. In pazienti giovani con denti del giudizio con apice immaturo è possibile che il dente si mantenga vitale con il riallaccio di vasi e nervi. Nell’adulto invece il dente andrà necessariamente trattato a distanza di 20/30 giorni dall’autotrapianto. Nel caso di paziente adulto, con possibilità di accesso comodo al dente del giudizio, è possibile devitalizzare il dente prima dell’intervento di autotrapianto. La protesizzazione dell’elemento sarà da valutare a seconda del caso.
Per quanto concerne le complicanze si può far riferimento alla tipologia di intervento, la complessità del quale è dettata dalla complessità delle singole estrazioni da effettuare. In caso di estrazioni complesse o di elementi inclusi, le complicanze sono le medesime di qualsiasi altro intervento estrattivo.
Per quanto riguarda gli insuccessi non esistono in letteratura dati statistici sufficienti per fare un’analisi di ampio spettro. Per quanto riguarda la mia modesta esperienza in merito, posso affermare che il successo è del 100% ad un massimo però di 5 anni dal primo intervento eseguito. Il controllo clinico degli elementi auto-trapiantati a distanza di tempo non mostra comunque segnali preoccupanti. I denti sono assimilabili ad un qualsiasi altro dente devitalizzato, con la presenza di quella minima mobilità fisiologica che conforta sulla mancanza di anchilosi (che porterebbe alla rizolisi delle radici del dente trapiantato). Non esistono pertanto elementi che possano far supporre lo sviluppo di future complicanze.
In conclusione è possibile affermare che esistono valide alternative all’inserimento di impianti per la sostituzione di denti irrimediabilmente compromessi. Tali alternative non sono sempre praticabili ma, se opportunamente valutate, potrebbero ridurre l’impiego di impianti osteointegrati in favore di una soluzione biologicamente migliore.
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