Conservativa Carie
by
Dott. Antonio Saverio Macri'
30-05-2012
6447 visualizzazioni Chi non ha mai sognato di potersi far curare una carie senza trapano? Da oggi è possibile, in casi selezionati.
La carie è una patologia dei tessuti duri del dente, lentamente progressiva, causata da batteri cosiddetti “cariogeni” che fanno parte della placca batterica. Il processo di erosione inizia dal rivestimento esterno, lo smalto, approfondendosi fino alla dentina, di cui è costituito lo strato interno del dente e che contiene la polpa.
La carie è sintomatica solo in fase avanzata anche se un’ipersensibilità al caldo, al freddo o agli alimenti particolarmente dolci è un chiaro segnale di patologia in corso. In questa fase la malattia è solitamente confinata al solo smalto o alla porzione più esterna della dentina. E’ proprio alla cura di queste carie in fase precoce, in special modo a quelle delle superfici approssimali (“tra dente e dente”), che si rivolge la nuova tecnica chiamata “cario-infiltrazione”. Essa consente di arrestare l’avanzamento della patologia senza ricorrere all’uso del trapano e alla conseguente asportazione di tessuto sano che è inevitabile – con la tecnica tradizionale - per il raggiungimento del tessuto malato.
La tecnica della cario-infiltrazione, frutto di una collaborazione tra università ed istituti di ricerca tedeschi e statunitensi, al momento s’identifica in un prodotto brevettato già in distribuzione negli USA, in Germania e nel Regno Unito, che sarà disponibile anche per i dentisti italiani nei prossimi mesi.
La procedura, che non richiede anestesia (altro innegabile vantaggio per il paziente), ha tempi sensibilmente più brevi rispetto alla tecnica tradizionale e consiste nell’utilizzo di diversi composti chimici in precisa sequenza. Le varie fasi mirano a rimuovere il tessuto cariato dal contesto dei tessuti duri dentali senza stravolgerne l’architettura, per poi sostituirlo con un materiale composito talmente fluido da infiltrarsi negli spazi lasciati dalla rimozione della carie, ricostituendo l’integrità del dente.
Oltre che alla cura delle carie interprossimali, questa tecnica è utilizzabile per la risoluzione di un’altra forma particolare di carie: le cosiddette “white spots” (macchie bianche) che a volte si evidenziano sulla superficie vestibolare (anteriore) dei denti, spesso dopo terapie ortodontiche fisse. Queste macchie sono dovute alla demineralizzazione o decalcificazione dello smalto che, per il cambiamento delle proprietà ottiche, assumono aspetto gessoso dal tipico colorito biancastro.
Fondamentale per poter ricorrere a questo tipo di terapia la diagnosi precoce che, facile per la white spots, è meno scontata per le carie interprossimali: segni che possono suggerirle sono leggeri sanguinamenti delle papille gengivali o la rottura/sfilacciamento del filo interdentale; la certezza diagnostica si ottiene con una semplice radiografia endorale effettuata nello studio dentistico.
La carie è una patologia dei tessuti duri del dente, lentamente progressiva, causata da batteri cosiddetti “cariogeni” che fanno parte della placca batterica. Il processo di erosione inizia dal rivestimento esterno, lo smalto, approfondendosi fino alla dentina, di cui è costituito lo strato interno del dente e che contiene la polpa.
La carie è sintomatica solo in fase avanzata anche se un’ipersensibilità al caldo, al freddo o agli alimenti particolarmente dolci è un chiaro segnale di patologia in corso. In questa fase la malattia è solitamente confinata al solo smalto o alla porzione più esterna della dentina. E’ proprio alla cura di queste carie in fase precoce, in special modo a quelle delle superfici approssimali (“tra dente e dente”), che si rivolge la nuova tecnica chiamata “cario-infiltrazione”. Essa consente di arrestare l’avanzamento della patologia senza ricorrere all’uso del trapano e alla conseguente asportazione di tessuto sano che è inevitabile – con la tecnica tradizionale - per il raggiungimento del tessuto malato.
La tecnica della cario-infiltrazione, frutto di una collaborazione tra università ed istituti di ricerca tedeschi e statunitensi, al momento s’identifica in un prodotto brevettato già in distribuzione negli USA, in Germania e nel Regno Unito, che sarà disponibile anche per i dentisti italiani nei prossimi mesi.
La procedura, che non richiede anestesia (altro innegabile vantaggio per il paziente), ha tempi sensibilmente più brevi rispetto alla tecnica tradizionale e consiste nell’utilizzo di diversi composti chimici in precisa sequenza. Le varie fasi mirano a rimuovere il tessuto cariato dal contesto dei tessuti duri dentali senza stravolgerne l’architettura, per poi sostituirlo con un materiale composito talmente fluido da infiltrarsi negli spazi lasciati dalla rimozione della carie, ricostituendo l’integrità del dente.
Oltre che alla cura delle carie interprossimali, questa tecnica è utilizzabile per la risoluzione di un’altra forma particolare di carie: le cosiddette “white spots” (macchie bianche) che a volte si evidenziano sulla superficie vestibolare (anteriore) dei denti, spesso dopo terapie ortodontiche fisse. Queste macchie sono dovute alla demineralizzazione o decalcificazione dello smalto che, per il cambiamento delle proprietà ottiche, assumono aspetto gessoso dal tipico colorito biancastro.
Fondamentale per poter ricorrere a questo tipo di terapia la diagnosi precoce che, facile per la white spots, è meno scontata per le carie interprossimali: segni che possono suggerirle sono leggeri sanguinamenti delle papille gengivali o la rottura/sfilacciamento del filo interdentale; la certezza diagnostica si ottiene con una semplice radiografia endorale effettuata nello studio dentistico.
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