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L' overdenture su impianti secondo la ''tecnica Cagliari della conometria modificata'': un caso clinico.

Protesi mobile su impianti mediante connessione conica modificata : La Tecnica Cagliari

by Dott. Gabriele Caruso 10-11-2008 15409 visualizzazioni
Questo articolo descrive la riabilitazione di un mascellare inferiore totalmente edentulo ottenuta mediante una overdenture supportata da quattro impianti Straumann Wide-Neck in posizione dei canini e dei secondi molari. La tecnica Cagliari della conometria modificata fu sviluppata per migliorare e semplificare i sistemi di connessione conica delle overdenture su impianti. La connessione della overdenture agli impianti, si ottiene mediante pilastri avvitati agli impianti, accoppiati a cappe dotate di dispositivi a frizione in plastica AFS (Arch-Friction-Soft, Dental Konos®). Dopo aver posizionato le cappe sui pilastri, le stesse cappe vengono fissate alla protesi rimovibile mediante resina, in bocca, in fit passivo. La protesi prodotta con questa metodica non è una classica overdenture a supporto misto ( impianti-mucosa), ma è una protesi rimovibile completamente supportata da impianti, modellata come una protesi fissa. Questo tipo di protesi è estremamente stabile e ha delle ritenzioni modulari (frizioni in plastica) creando condizioni ideali per l’igiene orale. La stabilità di questo tipo di protesi dà comfort psicologico e stabilità simile a una protesi fissa, coniugando l’estetica, l’accesso alle manovre di igiene orale e il supporto labiale di una overdenture.



Introduzione

La protesi rimovibile su impianti a connessione conica e/o telescopica è stata ben documentata in letteratura1-6. In questo articolo viene presentato un caso clinico che tratta della riabilitazione di una mandibola edentula mediante una protesi rimovibile completamente supportata da quattro impianti (Straumann Wide-Neck) posti nelle posizioni di canino e di secondo molare, secondo un nuovo sistema di connessione chiamato tecnica di Cagliari (conometria modificata). Secondo questa tecnica i pilastri vengono fresati con una fresa conica a due gradi, ad eccezione di una parete che è fresata a zero gradi (Fig. 1).



Fig. 1 La variante 2+0. Il pilastro viene fresato con una fresa conica a due
gradi (rossa), ad eccezione di una parete, che viene fresata con una fresa a
zero gradi (blu). (a sinistra) Veduta laterale. (a destra) Veduta panoramica. 2
gradi Ø gradi

Le cappe sono dotate di dispositivi a frizione in plastica modulabili denominati AFS. Caso clinico e procedure di laboratorio Un paziente maschio di 55 anni, portatore di una protesi parziale rimovibile superiore, si presentò in studio con la mandibola totalmente edentula. Si trattava di un paziente che soffriva di parodontite cronica dell’adulto, non era mai stato un fumatore e l’anamnesi medica era irrilevante. Il paziente fu istruito e motivato ad eseguire una scrupolosa igiene orale e fu sottoposto ad un’appropriata terapia parodontale: istruzione, motivazione, insegnamento di tecniche di igiene orale, cartella parodontale, preparazione primaria (detartrasi e levigatura delle radici) e rivalutazione mediante una seconda cartella parodontale. Si iscrisse il paziente ad un piano di mantenimento (follow-up trimestrale) e solo dopo aver accertato che la parodontite era sotto controllo (tasche non superiori ai 4 mm), si decise di procedere con la terapia implantare. Si pianificò una protesi rimovibile che doveva essere totalmente supportata da impianti in conformità con la tecnica Cagliari. Si inserirono nella mandibola quattro impianti (Straumann Wide-Neck, lunghi 12 mm , larghi 4,8 mm con spalla di 6,5 mm) in posizione canini e settimi (Fig. 2).



Fig. 2 Ortopantomografia ottenuta immediatamente dopo l’inserimento degli
impianti.

Per l’impronta definitiva si usarono dei transfer ad avvitamento. Si sviluppò un modello in gesso da un’impronta in alginato rilevata con i transfer in posizione con l’obiettivo di preparare un porta impronte individuale. A due mesi dall’inserimento degli impianti, si fece un’impronta definitiva in polietere, usando il porta impronte individuale forato e strutturato in modo da avere uno spazio uniforme intorno ai transfer. Grazie alle esperienze precedenti, gli autori preferirono tenere il modello master in un solo pezzo, usando la gengiva in silicone. Di conseguenza, fu facile liberare le spalle degli analoghi. Si montarono i denti in resina acrilica su una base in cera e la si provò in bocca per verificare l’estetica e la funzione. Sulla sudetta protesi, si realizzò una mascherina in silicone che fu usata in ogni fase della costruzione della sottostruttura, per verificare le corrette dimensioni dei vari componenti. Successivamente si avvitarono manualmente i monconi synOcta (Straumann) sugli analoghi dell’impianto. Si scelsero quattro cappe calcinabili (Straumann) che servirono a fissare la cera e modellare i pilastri. Dopo aver preparato le fusioni, i pilastri furono fresati a due gradi, ad eccezione delle pareti distali, che furono fresate a zero gradi (Fig. 3a).



Fig. 3a Modifica del pilastro.

Sui pilastri si preparò una spalla dello spessore di un millimetro. Questa spalla dovrebbe seguire il profilo mucoso in modo tale che la cappa non si inserisse sotto la mucosa durante la connessione. Successivamente, si incollarono i dispositivi Dup-Friction-2 (creatori di spazio in plastica, Dental Konos) sulle superfici distali fresate a zero gradi sui pilastri, mediante un adesivo (Wax-Fix, Dentaurum ®) (Fig. 3b).



Fig. 3b Il dispositivo da duplicazione viene incollato sulla superficie distale
del pilastro.

I dispositivi Dup-Friction-2 si usarono per creare l’alloggiamento dei dispositivi a frizione AFS all’interno delle cappe. Tali cappe furono realizzate modellando la resina acrilica direttamente sui pilastri con i dispositivi Dup-Friction-2 incollati alle pareti distali (Fig. 3c).



Fig. 3c Il pilastro modellato in resina.

La Dup-Friction-2 è caratterizzata da una base rettilinea, che nell’AFS è concava. Lo spazio creato consente un “effetto ad arco” e il recupero elastico della frizione (Fig. 4).




Fig. 4a Nella prima fase di inserimento dei pilastri nelle cappe, le superfici coniche non combaciano, e il dispositivo AFS
non è in compressione.






Fig. 4b Durante la seconda fase di inserimento le superfici coniche combaciano, comprimendo il dispositivo AFS.




La Dup-Friction-2 non può essere accorciata più di 3,5 mm; se lo si fa, non si verifica spazio sufficiente per la ritenzione meccanica del rest e la AFS potrebbe uscire accidentalmente dalla cappa (Fig. 5).



Fig. 5 Il dispositivo AFS. Lato occlusale Rest Lato gengivale


Dopo aver modellato le cappe in resina , è necessario rimuovere i dispositivi Dup-Friction-2 in modo tale che, dopo aver preparato le fusioni, ci sia la sede opportuna per i dispositivi di ritenzione AFS. A questo punto si preparò uno scheletrato in cromo-cobalto e su di esso si montarono i denti e si terminò la protesi. Si avvitarono quindi i monconi synOcta sugli impianti e si serrarono le viti a 35 Ncm. Con l’ausilio di una guida in resina acrilica, si posizionarono in bocca i pilastri e si avvitarono gli stessi sui monconi synOcta. I pilastri furono avvitati sui monconi synOcta a 15 Ncm (Fig. 6).



Fig. 6 (a sinistra) Pilastri posizionati sui monconi synOcta.


Le cappe si posizionarono sui pilastri in bocca (Fig. 7).



Fig. 7 (a destra) Le cappe si posizionano sui pilastri, in bocca.


Infine, si preparò la resina acrilica (Fig. 8),



Fig. 8 La resina acrilica è pronta per fissare le cappe alla protesi, in bocca.


spargendola nelle nicchie di alloggiamento delle cappe. A questo punto si posizionò la protesi sulle cappe in bocca, in modo tale che la resina acrilica potesse fissare le cappe alla protesi, in fit passivo. Poi si tolse la protesi dalla bocca e si colmò il divario tra le cappe e la protesi stessa con resina acrilica (Fig. 9).



Fig. 9 Cappe fissate nella protesi.



Fig. 10 Qualsiasi divario tra le cappe e la protesi è riempito con la resina.


Discussione

L’overdenture su corone doppie svolge un ruolo importante nella scelta della protesi disponibile per i clinici. Le corone coniche o telescopiche su impianti presentano più difficoltà tecniche rispetto allo stesso tipo di collegamento sui pilastri naturali, dove i micromovimenti ortodontici svolgono un ruolo importante nell’adattamento passivo della protesi. Il concetto delle corone coniche fu introdotto più di 30 anni fa da Korber in alternativa alla corone telescopiche descritto da Starr. Il contatto delle pareti coniche genera frizione tra le superfici a causa della tensione da compressione. Questa configurazione garantisce eccellente stabilità e lieve abrasione delle superfici di contatto. Quando le superfici della corona conica sono inclinate da 4 a 6 gradi, e le superfici occlusali delle corone primarie non sono in contatto con le corone secondarie, la protesi mostra già una ritenzione eccellente. La ritenzione protesica dipende anche dal numero delle corone e dalle dimensioni delle superfici di contatto. Il sistema di connessione conica sugli impianti è rigido e non permette movimenti. La protesi rimovibile a connessione conica è completamente supportata dagli impianti. Nelle connessioni telescopiche le corone primarie vengono preparate a superfici parallele, e le superfici occlusali delle corone primarie sono in contatto con le superfici opposte delle corone secondarie. In effetti, la tecnica Cagliari non ha a che fare con corone coniche o telescopiche. La tecnica Cagliari fu sviluppata intenzionalmente per generare più facilmente la ritenzione tra corone coniche. Con le corone coniche ottenute con la tecnica Cagliari, le corone primarie si preparano con un’inclinazione che varia da uno a due gradi. Questa tecnica è favorita dall’applicazione di un piccolo dispositivo frizionante in plastica nell’alloggiamento delle corone secondarie. Quando si accoppiano le corone, il dispositivo a frizione viene compresso tra le superfici opposte, provocando un lieve attrito, e riducendo l’affaticamento dei metalli delle superfici coniche. La leggera conicità delle corone primarie controbilancia le lievi discrepanze tra gli assi degli analoghi del modello master. Non c’è neanche un limite specifico riguardo le discrepanze di angolazione tra gli impianti. In effetti, grazie alla modellazione individuale delle corone primarie, è possibile compensare qualsiasi discrepanza. Un vantaggio di questa tecnica è l’adattabilità dei dispositivi a frizione in base al caso clinico. Inoltre i dispositivi sono disponibili in sei diversi gradi di forza ritentiva, con codifica cromatica in ordine ascendente (bianco, azzurro, verde, giallo, rosso e viola). I dispositivi AFS non richiedono alcuna manutenzione particolare (se non quella di pulirli insieme alla protesi), sono fatti in polyether block amides, e sono facili da sostituire (una volta ogni 3 anni) perché stanno in posizione per ritenzione meccanica. L’inserimento e il disinserimento della protesi secondo la tecnica Cagliari, rispetto all’accoppiamento delle classiche corone coniche, sembra essere soft e progressivo fino a quando i piani occlusali delle corone primarie sono in contatto con le corone secondarie. Grazie alla sua geometria, il dispositivo AFS produce una frizione che, messo sotto pressione, distribuisce la forza in due semiarchi, che si comprimono in una direzione principalmente perpendicolare alla forza, ottimizzando la deformazione elastica del materiale. Conclusioni La protesi prodotta mediante la tecnica Cagliari è un nuovo concetto basato sulle seguenti innovazioni: - La protesi rimovibile totalmente supportata da impianti ha un disegno simile a quello di una protesi fissa; combina la stabilità e le prestazioni masticatorie di una protesi fissa con l’igiene, l’estetica e l’economia di una protesi rimovibile. - L’uso del dispositivo AFS consente di gestire la ritenzione della protesi. - La protesi è in fit passivo. Il paziente qui documentato è completamente soddisfatto e considera eccellente la sua nuova protesi dal punto di vista della masticazione; inoltre ha informato gli autori che pochissimo cibo si accumula sotto la protesi e che l’igiene è semplice (Fig. 11 e 12).




Fig. 11 Particolari dell’accesso per l’igiene orale.



Fig. 12 Protesi in bocca.


Scritto da Dott. Gabriele Caruso
Cagliari (CA)

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