Implantologia
by
Dott. Maurizio Mazzella
28-02-2011
8701 visualizzazioni Roll-flap technique: procedura per la ricostruzione dell’architettura gengivale intorno agli impianti.
Case report
Riassunto: l’assenza di un elemento dentale si associa, a lungo termine, a difetti verticali ed orizzontali dell’alveolo residuo. Quando tale difetto non consente l’inserimento degli impianti in maniera protesicamente guidata, è possibile la rigenerazione e/o ricostruzione della cresta ossea residua. In presenza di spessori ossei adeguati per l’inserimento di impianti, ma con carenza di tessuti mucogengivali fino all’assenza delle papille interdentarie, è possibile migliorare il futuro risultato estetico della protesi implantare mediante microchirurgie mucogengivali che si risolvono nell’aumento degli spessori gengivali attraverso lo spostamento di tessuti da zone limitrofe. L’obiettivo è mimetizzare la protesi a supporto implantare tra i denti naturali adiacenti. Tale procedura può essere applicata anche per travate di ponte supportate da elementi naturali.
Abstract: the lost of a tooth usually associates with vertical and horizontal defects of the residual alveolus. When the defects don’t allow to insert the fixtures in a prosthetic way , we can regenerate the bony crest. In presence of adequate bony thickness but with narrow mucogingival tissues until the absence of papillae , we can improve the aesthetic results of the implant retained restorations with mucogingival microsurgery wich can obtain a gingival thickness increase. The goal is to camouflage the implant retained restoration between the natural teeth. This technique is applicable also to dental retained bridges.
Clinical implications:
Gli autori presentano una tecnica di ispessimento dei tessuti molli perimplantari,che consente di migliorare l’estetica della protesi a supporto implantare collocata tra denti naturali.
The authors present a technique wich allows to increse the thickness of the perimplant tissues and to improve the esthetic of implant retained prosthetic between natural teeth.
Introduzione
Da anni è dimostrata la validità clinica della sostituzione di denti naturali con l’implantologia osteointegrata1,2. La sfida degli ultimi anni è rappresentata dal mimetizzare la protesi su impianti tra i denti naturali nelle zone estetiche. La perdita di denti naturali può avvenire per motivi parodontali, endodontici o traumatici; in tutti i casi si può avere riassorbimento osseo, e con esso la perdita della normale architettura gengivale. È possibile ottenere una predicibilità del risultato estetico finale attraverso delle procedure chirurgiche le quali prevedono una prima fase di ricostruzione della componente ossea alterata, da realizzarsi durante la chirurgia implantare o prima dell’inserimento dell’impianto stesso3,4, ed una successiva ricostruzione dei tessuti molli perimplantari attraverso innesti di tessuto connettivale sub-epiteliali5. In alternativa alle tecniche di parodontologia è possibile la ricostruzione osteomucosa preprotesica attraverso l’uso della estrusione ortodontica6, o con osteodistrazione7. La tecnica dell’estrusione ortodontica consiste nel far estrudere ortodonticamente un dente altrimenti non recuperabile, ma con sondaggi parodontali profondi, che non consentirebbero, dopo l’estrazione, l’inserimento immediato di un impianto. Il movimento coronale a cui si sottopone il dente ha lo scopo di trascinare il complesso dei tessuti duri e molli fino ad ottenere un miglioramento del sito8. Tra le tecniche di ricostruzione dei siti edentuli alterati nella loro anatomia ossea e mucosa, va anche annoverata l’osteodistrazione: è pur vero che essa va riservata piuttosto a difetti crestali orizzontali e/o verticali di più grossa entità in quanto è più invasiva, ma soprattutto esita spesso in cicatrici non giustificate se l’obiettivo è il miglioramento estetico dell’area da protesizzare.
I difetti della cresta alveolare vengono suddivisi in tre classi9:
Tra le procedure di aumento crestale, utilizzando i tessuti molli prima di riabilitare con protesi fissa a ponte, si annoverano diverse tecniche. 1. innesto libero a spessore totale o innesto inlay, proposto da Seibert9 che utilizza il palato come area di donazione. Ha come svantaggio la presenza di due siti chirurgici, una differenza del colore della mucosa, un alto rischio di necrosi dell’innesto10,11. 2. innesto di tessuto connettivo subepiteliale libero impiantato in un tunnel preparato nella mucosa che riveste il difetto, proposto da Langer e Calagna12 e modificato da Garber e Rosenberg13appropriato per trattare difetti di classe I, II e III. Il rischio di necrosi è piccolo, il volume di tessuto che fornisce è discreto, non ci sono problemi di alterazioni cromatiche. 3. tecnica Roll, descritta la prima volta da Abrams14,15 nel 1971, nasceva per consentire al chirurgo di aumentare il tessuto apicalmente e vestibolarmente rispetto all’area cervicale degli elementi pontic, dando all’area ricevente l’aspetto di una normale interfaccia dente-gengiva. Tale procedura si usa nel trattamento di deformità di classe I da piccola a moderata. Una concavità vestibolo-palatale (classe I) della cresta può essere trasformata in una convessità che assomiglia all’eminenza creata dalle radici dei denti adiacenti. Con l’avvento dell’implantologia questa tecnica16 è stata acquisita al fine di incrementare la quota di tessuto molle perimplantare in senso vestibolo-linguale in quelle situazioni di difetti mucosi moderati, all’atto della scopertura degli impianti two step. Nel 1992 Scharf e Tarnow17 furono tra i primi a proporre il Roll-flap modificato come variante alla tecnica proposta da Abrams. In pratica la tecnica originale prevedeva una incisione palatale a spessore parziale, il ribaltamento del lembo precedentemente disepitelizzato e successivamente arrotolato all’interno di una tasca creata a spessore parziale, sovra-periostea alla cresta ossea vestibolare, lasciando il periostio palatale esposto, con l’effetto di creare una sorta di “rampa palatina”. Il Roll-flap modificato18 apporta una maggiore quantità di tessuto connettivale da arrotolare perché, a partire dall’incisione palatale, va a prelevare, sempre a spessore parziale, una ulteriore quota di connettivo sotto forma di peduncolo più apicalmente all’incisione palatale, lasciando a copertura del periostio palatale una quota di gengiva e connettivo palatini. Come vantaggio vi è: a- lo scarso rischio di necrosi dell’innesto, considerando l’abbondante apporto ematico che proviene dal peduncolo e dal sito ricevente, b- un unico sito chirurgico, c- assenza di alterazioni cromatiche. Lo svantaggio di questa tecnica sta nel fatto che il volume di tessuto di cui si dispone è limitato. Lo scopo del nostro lavoro è dimostrare la semplicità e la predicibilità di una tecnica che, se ben standardizzata, esita in risultati soddisfacenti limitando al massimo i disagi al paziente, soprattutto perché inserita nell’ambito del secondo tempo chirurgico, già necessario per gli impianti two-step.
Materiali e metodi
- Caso clinico
Una paziente di sesso femminile, di 56 anni, giunse alla nostra osservazione lamentando una edentulia parziale dell’emiarcata mascellare destra e di quella mandibolare sinistra (fig.1). Il piano di trattamento prevedeva la sostituzione dei denti mancanti con un impianto 3i NT Implant Innovation 4x13 mm nel sito 1.5 (Fig.2) e uno 4x13mm nel sito 3.5. Durante l’inserimento dei due impianti, usando una dima chirurgica, non si verificò la necessità di praticare GBR in quanto si conservò la necessaria architettura ossea residua, senza che si verificassero deiscenze o fenestrazioni ossee vestibolo-linguali. Inseriti gli impianti si applicarono le viti di copertura. Si suturarono i lembi e i siti guarirono senza problemi. Dopo tre mesi per l’arcata inferiore e sei per la superiore si programmò il secondo tempo chirurgico. Il sito del 1.5 mostrava una gengiva sottile tanto che era visibile in trasparenza la testa dell’impianto (Fig.3). Si decise allora di praticare un Roll-flap modificato all’atto del secondo tempo chirurgico (Fig.4). A sette giorni furono rimossi i punti, fu controllata a 15 giorni (Fig 5); a 30 giorni fu eseguita l’impronta (Fig.6) e si realizzò un provvisorio che rimase in situ 3 mesi (Fig.7). Solo allora furono riprese le impronte si finalizzò la protesi (Fig.8). La paziente fu poi ricontrollata a sei mesi (Fig.9).
- Tecnica chirurgica del Roll-flap modificato
Il posizionamento delle fixtures, in condizioni ideali, viene determinato attraverso dime chirurgiche realizzate previa ceratura diagnostica, al fine di collocare gli impianti in maniera protesicamente guidata, ossia, in senso coronale a tre millimetri dalla giunzione amelocementizia dei denti limitrofi ed in senso vestibolo-linguale in relazione ai profili dei denti viciniori. Tale posizionamento in alcuni casi però, può collocare l’impianto in zone di atrofia crestale con conseguente esposizione di alcune spire, il che richiede l’applicazione di una metodica di GBR con membrane . Trascorso il periodo dell’osteointegrazione, all’atto del secondo tempo chirurgico, potrebbe, però, presentarsi la necessità di aumentare anche il ridotto spessore mucoso perimplantare. In tal caso, dopo aver praticato anestesia loco-regionale con Articaina 4% con adrenalina 1:100000, si pratica un’incisione palatale orizzontale a spessore parziale, a circa un centimetro dal centro della cresta (Fig.10). L’incisione orizzontale si pratica con microlama Beaver orientata perpendicolarmente alla mucosa; inciso l’epitelio e parte della sottomucosa, si modifica l’orientamento della lama ponendola nello spessore connettivale palatale con un orientamento parallelo al piano osseo sottostante. L’approfondimento della lama nell’ambito del connettivo palatale è limitato solo dalle diverse conformazioni anatomiche del palato e soprattutto dal rispetto delle strutture anatomiche vascolo-nervose (Fig.11). Si cambia quindi nuovamente l’orientamento della lama, ponendola perpendicolarmente al piano osseo sottostante, e si incide, a spessore totale, l’estremità del peduncolo connettivale ricavato nello spessore del palato (Fig.12). Tale incisione è parallela alla prima incisione palatale ed ha una larghezza pari alla cresta edentula. Dalle estremità mesiale e distale del peduncolo connettivale si eseguono due incisioni verticali a spessore totale che arrivano sino al solco gengivale dei denti limitrofi all’impianto. Prima del ribaltamento del lembo peduncolato si pratica una disepitelizzazione di quella parte di gengiva aderente che si intende ripiegare. Con il sollevamento di tale lembo peduncolato si espone la vite di copertura dell’impianto che si va a sostituire con un pilastro di guarigione (Fig.13). Il periostio della porzione di lembo vestibolare viene delicatamente sollevato con microscollaperiostio tipo Buser in modo da creare un tunnel nel quale inserire il peduncolo connettivale ricavato dallo spessore palatino (Fig.14). La porzione disepitelizzata ed il peduncolo verranno a trovarsi a diretto contatto con l’osso contro il quale verranno poi fissati utilizzando suture in seta 4/0 sospese intorno al pilastro. La sutura viene rimossa dopo sette giorni (Fig.15). Al paziente viene prescritta terapia antibiotica con Amoxicillina 1gr al giorno per sei giorni, terapia antinfiammatoria con Ibuprofene 500 mg due volte al giorno per tre giorni, collutorio alla clorexidina 0,12% due volte al giorno per quindici giorni. Si consiglia, inoltre, di non spazzolare la parte fino alla rimozione delle suture e di masticare controlateralmente.
Discussione
Un impianto posizionato in un sito osseo dai livelli normali determina spontaneamente l’architettura gengivale definitiva prima di cominciare la fase protesica. La chiave del successo in estetica implantare è disporre di un sito osseo ideale per la collocazione dell’impianto. Dove ciò non è possibile per difetti crestali, bisogna prima praticare una rigenerazione ossea guidata.Una volta posizionata la corona provvisoria, la gengiva piatta che si osserva inizialmente evolve in una forma sulculare normale che mantiene il suo equilibrio estetico a lungo termine19.
Anche intorno ai denti naturali, è stato descritto da Tarnow, che il riempimento completo delle papille è prevedibile se la distanza dal punto di contatto alla cresta ossea è massimo 5 mm20 . Anche questo autore è d’accordo che il tessuto molle intorno agli impianti singoli è più influenzato dai livelli ossei circostanti che dai contorni protesici. La tecnica Roll trova secondo la nostra esperienza clinica una collocazione nei casi in cui, pur posizionando l’impianto in maniera protesicamente guidata senza difetti ossei crestali, si assiste all’atto del secondo tempo chirurgico a trasparenze mucose tali da non mimetizzare il collo dell’impianto. Inoltre può essere utile per aumentare la quota di gengiva aderente intorno agli impianti. E’ dimostrato inoltre che il volume di tessuto molle nell’area papillare possa aumentare nel primo anno anche se all’atto dell’inserimento della corona definitiva la papilla non è ancora perfetta21. Avere a disposizione una procedura chirurgica di ispessimento mucoso che risulta semplice,ma soprattutto praticabile durante il secondo atto chirurgico è un grosso vantaggio, infatti il lavoro di Grunder22 conclude che ci si deve aspettare un certo ritiro della mucosa dal lato vestibolare dell’impianto, per cui è consigliabile stabilire chirurgicamente un volume di tessuto molle maggiore di quello necessario alla fine. Tale studio dimostra inoltre che nella sostituzione di un dente in regione estetica con un impianto, ci si deve aspettare un ritiro del tessuto molle di 0,6mm vestibolarmente e un aumento minimo della papilla dopo un anno. I vantaggi della tecnica Roll sono: la possibilità di disporre di un unico sito chirurgico senza alterare le caratteristiche cromatiche dei tessuti: questo significa che l’innesto sarà prelevato dal paziente con dei costi della procedura molto bassi, e si può ripetere nel tempo per migliorarne i risultati. Lo svantaggio principale sta nel fatto che l’aumento di volume dipende dalle dimensioni dell’innesto, generalmente limitate. Una recente variante alla tecnica Roll, definita innesto peduncolato di tessuto connettivo a doppia piegatura, proposta da Gasparini23 pare far fronte alle problematiche della tecnica tradizionale. Con un sito di prelievo doppio rispetto a quello ricevente, consente, tramite una doppia piegatura del peduncolo, di aumentare lo spessore del tessuto innestato; inoltre, con un disegno del lembo palatale con un’unica incisione verticale mesiale, evita di compromettere l’apporto ematico al lembo epitelio-connettivale lasciato a protezione del sito donatore. In letteratura vengono continuamene proposte nuove tecniche, ma che si discostano poco dalla tecnica tradizionale, perché l’obiettivo è sfruttare al massimo i vantaggi che essa ci può offrire, riducendo al minimo o eliminando del tutto gli inconvenienti. I tempi di maturazione dei tessuti e di rivalutazione dei casi sono a volte più lunghi dei tempi di evoluzione della tecnica chirurgica, rischiando, perciò, di pubblicare lavori che sembrano essere già vecchi, pur essendo trascorsi solo pochi mesi Il nostro rapporto di un caso singolo, vuole solo essere un supporto a quanti ritengono che non è più possibile considerare il successo in implantologia l’ottenimento del ripristino funzionale, ma che pari importanza assuma l’armonia estetica del manufatto protesico nella dentatura residua.
Bibliografia
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3. Buser D., Dula K., Belser U., Hirt H-P., Berthold H. Localized ridge augmentation using guided bone regeneration. 1. Surgical procedures in the maxilla. Int J Periodontics Restorative Dent 1993; 13: 29-45
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Int J Periodontics Restorative Dent 1995; 15: 57-69
5. Potashnick S. Soft tissue modelling for the esthetic single-tooth implant restoration. J Esthet Dent 1998; 10: 121-131
6. Salama H., Salama M. The role of orthodontic extrusive remodelling in the enhancement of soft and hard tissue profiles prior to implant placement. A systematic approach to the management of extraction site defects. Int J Periodontics Restorative Dent 1993; 13: 312-333
7. Oda T., Sawaki Y., Ueda M. Experimental alveolar ridge augmentation by distraction osteogenesis using a simple device that permits secondary implant placement. Int J Oral Maxillofac Impl 2000; 15: 95-102
8. Mathews D.P. Gestione del tessuto molle attorno agli impianti nella zona estetica. Int J Periodontics Restorative Dent 2000; 20: 141-149
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11. Seibert J, Salama H. Alveolar ridge preservation and reconstruction. Periodontol 2000 1996; 11: 69-84
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14. Abrams L. Esthetics in fixed prothesis. Presentation before the Harrisburg (Pennsylvania) Dental Society 1971
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17. Scharf DR, Tarnow DP. Modified roll technique for localized alveolar ridge augmentation.
Int J Periodontics Restorative Dent. 1992;12(5):415-25.
18. Veisman H. "The palatal roll". Soft tissue ridge augmentation using a subepithelial connective tissue pedicle graft. Oral Health. 1998 Mar;88(3):47, 49-51
19. Priest G. Prevedibilità della forma del tessuto molle attorno a restauri su impianti singoli Int J Periodontics Restorative Dent 2003; 23: 19-27
20. Turnow D.P., Magner A.W., Fletcher P. The effect of the distance from the contact point to the crest of bone on the presence or the absence of the interproximal dental papilla. J. Periodontol 1992; 63: 995-996
21. Jemt T. Regeneration of gingival papillae after single-implant treatment. Int J Periodontics Restorative Dent 1997; 17: 327-333
22. Grunder U. Stability of the mucosal topography around single-tooth implantsand adjacent teeth: 1-year results. Int J Periodontics Restorative Dent 2000; 20: 11-17
23. Gasparini D.O. Un innesto peduncolato di tessuto connettivo: un nuovo approccio perl’aumento di cresta. Int. J. Periodontics Restorative Dent 2004; 24: 281-287
Case report
Riassunto: l’assenza di un elemento dentale si associa, a lungo termine, a difetti verticali ed orizzontali dell’alveolo residuo. Quando tale difetto non consente l’inserimento degli impianti in maniera protesicamente guidata, è possibile la rigenerazione e/o ricostruzione della cresta ossea residua. In presenza di spessori ossei adeguati per l’inserimento di impianti, ma con carenza di tessuti mucogengivali fino all’assenza delle papille interdentarie, è possibile migliorare il futuro risultato estetico della protesi implantare mediante microchirurgie mucogengivali che si risolvono nell’aumento degli spessori gengivali attraverso lo spostamento di tessuti da zone limitrofe. L’obiettivo è mimetizzare la protesi a supporto implantare tra i denti naturali adiacenti. Tale procedura può essere applicata anche per travate di ponte supportate da elementi naturali.
Abstract: the lost of a tooth usually associates with vertical and horizontal defects of the residual alveolus. When the defects don’t allow to insert the fixtures in a prosthetic way , we can regenerate the bony crest. In presence of adequate bony thickness but with narrow mucogingival tissues until the absence of papillae , we can improve the aesthetic results of the implant retained restorations with mucogingival microsurgery wich can obtain a gingival thickness increase. The goal is to camouflage the implant retained restoration between the natural teeth. This technique is applicable also to dental retained bridges.
Clinical implications:
Gli autori presentano una tecnica di ispessimento dei tessuti molli perimplantari,che consente di migliorare l’estetica della protesi a supporto implantare collocata tra denti naturali.
The authors present a technique wich allows to increse the thickness of the perimplant tissues and to improve the esthetic of implant retained prosthetic between natural teeth.
Introduzione
Da anni è dimostrata la validità clinica della sostituzione di denti naturali con l’implantologia osteointegrata1,2. La sfida degli ultimi anni è rappresentata dal mimetizzare la protesi su impianti tra i denti naturali nelle zone estetiche. La perdita di denti naturali può avvenire per motivi parodontali, endodontici o traumatici; in tutti i casi si può avere riassorbimento osseo, e con esso la perdita della normale architettura gengivale. È possibile ottenere una predicibilità del risultato estetico finale attraverso delle procedure chirurgiche le quali prevedono una prima fase di ricostruzione della componente ossea alterata, da realizzarsi durante la chirurgia implantare o prima dell’inserimento dell’impianto stesso3,4, ed una successiva ricostruzione dei tessuti molli perimplantari attraverso innesti di tessuto connettivale sub-epiteliali5. In alternativa alle tecniche di parodontologia è possibile la ricostruzione osteomucosa preprotesica attraverso l’uso della estrusione ortodontica6, o con osteodistrazione7. La tecnica dell’estrusione ortodontica consiste nel far estrudere ortodonticamente un dente altrimenti non recuperabile, ma con sondaggi parodontali profondi, che non consentirebbero, dopo l’estrazione, l’inserimento immediato di un impianto. Il movimento coronale a cui si sottopone il dente ha lo scopo di trascinare il complesso dei tessuti duri e molli fino ad ottenere un miglioramento del sito8. Tra le tecniche di ricostruzione dei siti edentuli alterati nella loro anatomia ossea e mucosa, va anche annoverata l’osteodistrazione: è pur vero che essa va riservata piuttosto a difetti crestali orizzontali e/o verticali di più grossa entità in quanto è più invasiva, ma soprattutto esita spesso in cicatrici non giustificate se l’obiettivo è il miglioramento estetico dell’area da protesizzare.
I difetti della cresta alveolare vengono suddivisi in tre classi9:
- Classe I : difetto vestibolo-palatale dei tessuti con normale dimensione apico-coronale della cresta
- Classe II: difetto apico-coronale dei tessuti con normale ampiezza vestibolo-palatale della cresta
- Classe III: difetto combinato vestibolo-palatale e apico-coronale con perdita della normale altezza ed ampiezza della cresta.
Tra le procedure di aumento crestale, utilizzando i tessuti molli prima di riabilitare con protesi fissa a ponte, si annoverano diverse tecniche. 1. innesto libero a spessore totale o innesto inlay, proposto da Seibert9 che utilizza il palato come area di donazione. Ha come svantaggio la presenza di due siti chirurgici, una differenza del colore della mucosa, un alto rischio di necrosi dell’innesto10,11. 2. innesto di tessuto connettivo subepiteliale libero impiantato in un tunnel preparato nella mucosa che riveste il difetto, proposto da Langer e Calagna12 e modificato da Garber e Rosenberg13appropriato per trattare difetti di classe I, II e III. Il rischio di necrosi è piccolo, il volume di tessuto che fornisce è discreto, non ci sono problemi di alterazioni cromatiche. 3. tecnica Roll, descritta la prima volta da Abrams14,15 nel 1971, nasceva per consentire al chirurgo di aumentare il tessuto apicalmente e vestibolarmente rispetto all’area cervicale degli elementi pontic, dando all’area ricevente l’aspetto di una normale interfaccia dente-gengiva. Tale procedura si usa nel trattamento di deformità di classe I da piccola a moderata. Una concavità vestibolo-palatale (classe I) della cresta può essere trasformata in una convessità che assomiglia all’eminenza creata dalle radici dei denti adiacenti. Con l’avvento dell’implantologia questa tecnica16 è stata acquisita al fine di incrementare la quota di tessuto molle perimplantare in senso vestibolo-linguale in quelle situazioni di difetti mucosi moderati, all’atto della scopertura degli impianti two step. Nel 1992 Scharf e Tarnow17 furono tra i primi a proporre il Roll-flap modificato come variante alla tecnica proposta da Abrams. In pratica la tecnica originale prevedeva una incisione palatale a spessore parziale, il ribaltamento del lembo precedentemente disepitelizzato e successivamente arrotolato all’interno di una tasca creata a spessore parziale, sovra-periostea alla cresta ossea vestibolare, lasciando il periostio palatale esposto, con l’effetto di creare una sorta di “rampa palatina”. Il Roll-flap modificato18 apporta una maggiore quantità di tessuto connettivale da arrotolare perché, a partire dall’incisione palatale, va a prelevare, sempre a spessore parziale, una ulteriore quota di connettivo sotto forma di peduncolo più apicalmente all’incisione palatale, lasciando a copertura del periostio palatale una quota di gengiva e connettivo palatini. Come vantaggio vi è: a- lo scarso rischio di necrosi dell’innesto, considerando l’abbondante apporto ematico che proviene dal peduncolo e dal sito ricevente, b- un unico sito chirurgico, c- assenza di alterazioni cromatiche. Lo svantaggio di questa tecnica sta nel fatto che il volume di tessuto di cui si dispone è limitato. Lo scopo del nostro lavoro è dimostrare la semplicità e la predicibilità di una tecnica che, se ben standardizzata, esita in risultati soddisfacenti limitando al massimo i disagi al paziente, soprattutto perché inserita nell’ambito del secondo tempo chirurgico, già necessario per gli impianti two-step.
Materiali e metodi
- Caso clinico
Una paziente di sesso femminile, di 56 anni, giunse alla nostra osservazione lamentando una edentulia parziale dell’emiarcata mascellare destra e di quella mandibolare sinistra (fig.1). Il piano di trattamento prevedeva la sostituzione dei denti mancanti con un impianto 3i NT Implant Innovation 4x13 mm nel sito 1.5 (Fig.2) e uno 4x13mm nel sito 3.5. Durante l’inserimento dei due impianti, usando una dima chirurgica, non si verificò la necessità di praticare GBR in quanto si conservò la necessaria architettura ossea residua, senza che si verificassero deiscenze o fenestrazioni ossee vestibolo-linguali. Inseriti gli impianti si applicarono le viti di copertura. Si suturarono i lembi e i siti guarirono senza problemi. Dopo tre mesi per l’arcata inferiore e sei per la superiore si programmò il secondo tempo chirurgico. Il sito del 1.5 mostrava una gengiva sottile tanto che era visibile in trasparenza la testa dell’impianto (Fig.3). Si decise allora di praticare un Roll-flap modificato all’atto del secondo tempo chirurgico (Fig.4). A sette giorni furono rimossi i punti, fu controllata a 15 giorni (Fig 5); a 30 giorni fu eseguita l’impronta (Fig.6) e si realizzò un provvisorio che rimase in situ 3 mesi (Fig.7). Solo allora furono riprese le impronte si finalizzò la protesi (Fig.8). La paziente fu poi ricontrollata a sei mesi (Fig.9).
- Tecnica chirurgica del Roll-flap modificato
Il posizionamento delle fixtures, in condizioni ideali, viene determinato attraverso dime chirurgiche realizzate previa ceratura diagnostica, al fine di collocare gli impianti in maniera protesicamente guidata, ossia, in senso coronale a tre millimetri dalla giunzione amelocementizia dei denti limitrofi ed in senso vestibolo-linguale in relazione ai profili dei denti viciniori. Tale posizionamento in alcuni casi però, può collocare l’impianto in zone di atrofia crestale con conseguente esposizione di alcune spire, il che richiede l’applicazione di una metodica di GBR con membrane . Trascorso il periodo dell’osteointegrazione, all’atto del secondo tempo chirurgico, potrebbe, però, presentarsi la necessità di aumentare anche il ridotto spessore mucoso perimplantare. In tal caso, dopo aver praticato anestesia loco-regionale con Articaina 4% con adrenalina 1:100000, si pratica un’incisione palatale orizzontale a spessore parziale, a circa un centimetro dal centro della cresta (Fig.10). L’incisione orizzontale si pratica con microlama Beaver orientata perpendicolarmente alla mucosa; inciso l’epitelio e parte della sottomucosa, si modifica l’orientamento della lama ponendola nello spessore connettivale palatale con un orientamento parallelo al piano osseo sottostante. L’approfondimento della lama nell’ambito del connettivo palatale è limitato solo dalle diverse conformazioni anatomiche del palato e soprattutto dal rispetto delle strutture anatomiche vascolo-nervose (Fig.11). Si cambia quindi nuovamente l’orientamento della lama, ponendola perpendicolarmente al piano osseo sottostante, e si incide, a spessore totale, l’estremità del peduncolo connettivale ricavato nello spessore del palato (Fig.12). Tale incisione è parallela alla prima incisione palatale ed ha una larghezza pari alla cresta edentula. Dalle estremità mesiale e distale del peduncolo connettivale si eseguono due incisioni verticali a spessore totale che arrivano sino al solco gengivale dei denti limitrofi all’impianto. Prima del ribaltamento del lembo peduncolato si pratica una disepitelizzazione di quella parte di gengiva aderente che si intende ripiegare. Con il sollevamento di tale lembo peduncolato si espone la vite di copertura dell’impianto che si va a sostituire con un pilastro di guarigione (Fig.13). Il periostio della porzione di lembo vestibolare viene delicatamente sollevato con microscollaperiostio tipo Buser in modo da creare un tunnel nel quale inserire il peduncolo connettivale ricavato dallo spessore palatino (Fig.14). La porzione disepitelizzata ed il peduncolo verranno a trovarsi a diretto contatto con l’osso contro il quale verranno poi fissati utilizzando suture in seta 4/0 sospese intorno al pilastro. La sutura viene rimossa dopo sette giorni (Fig.15). Al paziente viene prescritta terapia antibiotica con Amoxicillina 1gr al giorno per sei giorni, terapia antinfiammatoria con Ibuprofene 500 mg due volte al giorno per tre giorni, collutorio alla clorexidina 0,12% due volte al giorno per quindici giorni. Si consiglia, inoltre, di non spazzolare la parte fino alla rimozione delle suture e di masticare controlateralmente.
Discussione
Un impianto posizionato in un sito osseo dai livelli normali determina spontaneamente l’architettura gengivale definitiva prima di cominciare la fase protesica. La chiave del successo in estetica implantare è disporre di un sito osseo ideale per la collocazione dell’impianto. Dove ciò non è possibile per difetti crestali, bisogna prima praticare una rigenerazione ossea guidata.Una volta posizionata la corona provvisoria, la gengiva piatta che si osserva inizialmente evolve in una forma sulculare normale che mantiene il suo equilibrio estetico a lungo termine19.
Anche intorno ai denti naturali, è stato descritto da Tarnow, che il riempimento completo delle papille è prevedibile se la distanza dal punto di contatto alla cresta ossea è massimo 5 mm20 . Anche questo autore è d’accordo che il tessuto molle intorno agli impianti singoli è più influenzato dai livelli ossei circostanti che dai contorni protesici. La tecnica Roll trova secondo la nostra esperienza clinica una collocazione nei casi in cui, pur posizionando l’impianto in maniera protesicamente guidata senza difetti ossei crestali, si assiste all’atto del secondo tempo chirurgico a trasparenze mucose tali da non mimetizzare il collo dell’impianto. Inoltre può essere utile per aumentare la quota di gengiva aderente intorno agli impianti. E’ dimostrato inoltre che il volume di tessuto molle nell’area papillare possa aumentare nel primo anno anche se all’atto dell’inserimento della corona definitiva la papilla non è ancora perfetta21. Avere a disposizione una procedura chirurgica di ispessimento mucoso che risulta semplice,ma soprattutto praticabile durante il secondo atto chirurgico è un grosso vantaggio, infatti il lavoro di Grunder22 conclude che ci si deve aspettare un certo ritiro della mucosa dal lato vestibolare dell’impianto, per cui è consigliabile stabilire chirurgicamente un volume di tessuto molle maggiore di quello necessario alla fine. Tale studio dimostra inoltre che nella sostituzione di un dente in regione estetica con un impianto, ci si deve aspettare un ritiro del tessuto molle di 0,6mm vestibolarmente e un aumento minimo della papilla dopo un anno. I vantaggi della tecnica Roll sono: la possibilità di disporre di un unico sito chirurgico senza alterare le caratteristiche cromatiche dei tessuti: questo significa che l’innesto sarà prelevato dal paziente con dei costi della procedura molto bassi, e si può ripetere nel tempo per migliorarne i risultati. Lo svantaggio principale sta nel fatto che l’aumento di volume dipende dalle dimensioni dell’innesto, generalmente limitate. Una recente variante alla tecnica Roll, definita innesto peduncolato di tessuto connettivo a doppia piegatura, proposta da Gasparini23 pare far fronte alle problematiche della tecnica tradizionale. Con un sito di prelievo doppio rispetto a quello ricevente, consente, tramite una doppia piegatura del peduncolo, di aumentare lo spessore del tessuto innestato; inoltre, con un disegno del lembo palatale con un’unica incisione verticale mesiale, evita di compromettere l’apporto ematico al lembo epitelio-connettivale lasciato a protezione del sito donatore. In letteratura vengono continuamene proposte nuove tecniche, ma che si discostano poco dalla tecnica tradizionale, perché l’obiettivo è sfruttare al massimo i vantaggi che essa ci può offrire, riducendo al minimo o eliminando del tutto gli inconvenienti. I tempi di maturazione dei tessuti e di rivalutazione dei casi sono a volte più lunghi dei tempi di evoluzione della tecnica chirurgica, rischiando, perciò, di pubblicare lavori che sembrano essere già vecchi, pur essendo trascorsi solo pochi mesi Il nostro rapporto di un caso singolo, vuole solo essere un supporto a quanti ritengono che non è più possibile considerare il successo in implantologia l’ottenimento del ripristino funzionale, ma che pari importanza assuma l’armonia estetica del manufatto protesico nella dentatura residua.
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Dentista Emilia Romagna, Forli Cesena
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