Voglio iniziare citando:
- L' articolo 38 Autonomia del cittadino e direttive anticipate del Codice Deontologico della FNOMCeO (dicembre 2006) che dice: "Il medico deve attenersi, nell'ambito della autonomia e indipendenza che caratterizza la professione, alla volontà liberamente espressa della persona di curarsi e deve agire nel rispetto della dignità, della libertà e autonomia della stessa..."
- L' articolo 33 - Informazione al cittadino del medesimo Codice afferma che: "Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l'adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta...".
In sintesi si può dire che, anche da un punto di vista medico-legale, che la comunicazione è a tutti gli effetti un importantissimo ed irrinunciabile aspetto della nostra professione; non più strumento accessorio, ma supporto indispensabile alla clinica.
In alcune fasi del percorso terapeutico, che si deve intraprendere con un paziente, la comunicazione ha un'importanza di gran lunga maggiore della “bravura” manuale del dentista. Basti pensare al primo appuntamento, alla visita, dove le nostre capacità di esporre, trasmettere, informare, infondere e suscitare sono “sotto esame” e “valgono” più delle nostre tecniche o della nostra padronanza chirurgica. Infatti, erroneamente, si è portati a considerare che, evasa brillantemente, ad esempio, la parte chirurgica quella comunicazionale si metta in atto da sola, in maniera conseguenziale ed istintiva, ma non è così perchè spetta a noi dentisti essere chiari e spiegarci con il paziente che non dovrà avere dubbi, malintesi o fraintendimenti sul nostro operato. Se così non fosse si mette in discussione il rapporto di fiducia che ci lega ai pazienti.
Proprio per questo si è visto che i pazienti sono portati a far causa al dentista (o ad un medico) non soltanto per “malpractice” ma anche se non è stato in grado di entrare in sintonia con loro, non ha saputo ascoltarli, capirli, non è stato empatico, insomma non è stato un buon comunicatore...A volte può bastare un accento, un tono, una parola a modificare il senso di quanto affermiamo. Se poi consideriamo che la comunicazione vale per ciò che arriva e non per ciò che intendevamo dire nella nostra intenzionalità, allora la questione “comunicazione” assume una notevole rilevanza nel nostro studio odontoiatrico.
Sono sempre più numerose le proposte di aggiornamento culturale dedicate all'argomento che affrontano i principali aspetti psicorelazionali che caratterizzano il “setting” odontoiatrico, finalizzate a fornire gli strumenti per calibrare la comunicazione ed adeguarla sia al profilo psicologico dell'interlocutore che alle dinamiche emotive e relazionali tipiche del contesto, in particolare nel rapporto medico-paziente-famiglia.
La maggiore facilità di accesso alle conoscenze spinge il paziente ad essere, diciamo, più consapevole delle sue problematiche (a volte anche troppo), che insieme alla saturazione del mercato odontoiatrico richiedono di trasmettere in modo chiaro e diretto la nostra professionalità che deve coinvolgere tutto il team dello studio. Siamo tutti consapevoli che la comunicazione fa parte della nostra vita, delle relazioni che instauriamo con coloro che vivono nel nostro mondo, che è il veicolo attraverso cui costruiamo relazioni efficaci con i pazienti ed i nostri collaboratori. Mai abbiamo avuto a disposizione tanti mezzi e tanta tecnologia per comunicare eppure vi sono ancora tante difficoltà nel farlo.
Il percorso che il nostro paziente intraprende nello studio ha inizio nella sala d'attesa, dove si accomoda, possibilmente per un tempo non eccessivamente prolungato, prima di essere convocato dal personale di segreteria che lo invita, sarebbe meglio davanti ad uno schermo, a rispondere una domanda alla volta alla sua anamnesi. In questo modo, senz'altro innovativo, il paziente non si trova in mano un elenco di domande che potrebbero confonderlo, ma è più attento e concentrato a rispondere ad ogni singolo quesito.
Mentre si mette a proprio agio sulla poltrona, si prende visione delle risposte fornite per aquisire più dati possibili che lo riguardano, anche apparentemente insignificanti, ma che torneranno presto utili. Raggiunto il paziente alla poltrona ha inizio la fase comunicativa vera e propria in cui in modo amichevole e cordiale, avvalendosi delle risposte fornite in anamnesi, si imposta un discorso finalizzato ad ottenere la migliore sintonia. Successivamente, durante la visita, si coinvolge il paziente attivamente con la telecamera intraorale, foto di casi clinici trattati, filmati e modelli dimostrativi, per spiegare ed approfondire le sue problematiche e tutti quei particolari che il paziente potrebbe dimenticare o non capire se gli venissero solo elencati.
La persona che comunica in modo efficace e creativo sviluppa risorse capaci di far emergere con successo uno scambio in cui tutti sono vincitori; questo riveste un’enorme importanza in campo odontoiatrico dove, come ho già detto, non è fondamentale solo l’atto medico. Concludo citando quello che è il più importante presupposto della PNL (programmazione neuro linguistica): "L'unico modo di cambiare il proprio mondo è quello di cambiare sé stessi, l'unico strumento che abbiamo per influire sulla realtà è la capacità di modificarci per modificarla a nostro vantaggio".
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