Percorso Odontoiatrico Preventivo, Diagnostico, Terapeutico e Post-Terapeutico
La Prevenzione
La prevenzione è un insieme di attività, azioni ed interventi attuati con il fine prioritario di promuovere e conservare lo stato di salute ed evitare l’insorgenza di malattie. In relazione al diverso tipo e alle finalità perseguibili si distinguono tre livelli di prevenzione: primaria, secondaria e terziaria.
Prevenzione Primaria
La Prevenzione Primaria ha il suo campo d’azione sul soggetto sano e si propone di mantenere le condizioni di benessere e di evitare la comparsa di malattie. In particolare è un insieme di attività, azioni ed interventi che attraverso il potenziamento dei fattori utili alla salute e l’allontanamento o la correzione dei fattori causali delle malattie, tendono al conseguimento di uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale dei singoli e della collettività o quanto meno ad evitare l’insorgenza di condizioni morbose. L’insieme di questi interventi è pertanto finalizzato a ridurre la probabilità che si verifichi un evento avverso non desiderato (riduzione del rischio). Le Malformazioni Congenite sono il principale gruppo tra le malattie rare, per il quale esistono opzioni di prevenzione primaria super-specialistica, già in corso di gravidanza. ---
Prevenzione Secondaria
La Prevenzione Secondaria, attiene a un grado successivo rispetto alla prevenzione primaria, intervenendo su soggetti già ammalati, anche se in uno stadio iniziale. Rappresenta un intervento di secondo livello che mediante la diagnosi precoce di malattie, in fase asintomatica (programmi di screening) mira ad ottenere la guarigione o comunque limitarne la progressione. Consente l’identificazione di una malattia o di una condizione di particolare rischio seguita da un immediato intervento terapeutico efficace, atto a interromperne o rallentarne il decorso. Le malattie metaboliche congenite sono un gruppo di malattie rare per le quali è possibile attuare interventi di prevenzione secondaria attraverso programmi di screening alla nascita.
Prevenzione Terziaria
La Prevenzione Terziaria, fa riferimento a tutte le azioni volte al controllo e contenimento dei esiti più complessi di una patologia già in atto. Consiste nell’accurato controllo clinico-terapeutico di malattie ad andamento cronico o irreversibili, ed ha come obiettivo quello di evitare o comunque limitare la comparsa sia di complicazioni tardive che di esiti invalidanti. Con prevenzione terziaria si intende anche la gestione dei deficit e delle disabilità funzionali consequenziali ad uno stato patologico o disfunzionale. Si realizza attraverso misure riabilitative e assistenziali, volte al reinserimento familiare, sociale e lavorativo del malato, e all'aumento della qualità della vita (misure di riabilitazione funzionale, supporto psicologico, etc.).
La Diagnosi
La diagnosi dal latino diagnosis, è la procedura di ricondurre un fenomeno o un gruppo di fenomeni, dopo averne considerato ogni aspetto, a una categoria. La diagnosi è quindi, in generale, l'identificazione della natura o/e la causa di qualcosa, di qualsivoglia natura.
Il termine è frequentemente usato in medicina umana, veterinaria e psicologia e serve a riconoscere le varie malattie in base a dei sintomi o dei "segni" (fenomeni), i primi manifestazioni soggettive presenti nel Paziente, i secondi evidenti anche al medico, all’odontoiatra o allo psicologo. L'insieme dei sintomi e segni di cui alcuni specifici detti patognomonici ed altri più o meno generici, caratterizza il quadro clinico di una malattia. L'insieme dei metodi di diagnosi si chiama diagnostica. La diagnostica è detta "strumentale" quando si avvale di apparecchiature o strumenti particolari come in quella per immagini (Rx, Tac, RMN, etc.), ovvero "clinica" (dal greco klìne) o “convenzionale”, quando si basa sull'esame diretto del Paziente da parte del Medico-Odontoiatra (semeiotica).
Il procedimento diagnostico è articolato in momenti diversi:
- Anamnesi: indagine sulla storia clinica del Paziente che viene interrogato direttamente o desunta dal racconto dei familiari. Serve a raccogliere i dati riguardanti i precedenti familiari e personali oltre che quelli patologici sia remoti che recenti.
- Semeiotica: esame del Paziente alla ricerca dei sintomi e dei segni presenti. In questa fase il sanitario si avvale delle classiche manovre di ispezione, palpazione, percussione e della auscultazione.
- Valutazione del quadro clinico e comparazione analogica dello stesso a quelli di malattie caratterizzate dai medesimi segni e sintomi.
- Diagnostica Differenziale: discriminazione tra le patologie analoghe che vengono progressivamente eliminate in base alla presenza o assenza di altri sintomi e segni. In questa fase risultano determinanti le indagini strumentali. Esiste anche una diagnostica differenziale effettuata con l'uso di software specializzati. Questo tipo di diagnostica nulla toglie al medico che valuta di volta in volta i risultati offerti dal software.
Una volta raggiunta la certezza di una diagnosi è possibile stabilire se quella malattia è curabile e con quale tipo di terapia.
Soltanto a questo punto, conoscendo la malattia o la disfunzione, il suo abituale decorso, le complicanze cui può andare incontro e soprattutto le condizioni generali dell'organismo del Paziente, è possibile formulare la prognosi, ovvero un giudizio di previsione su quello che sarà il probabile esito dell'evento patologico.
In generale la prognosi è migliore quanto più precocemente viene svelata la malattia o la disfunzione, perché nei casi in cui è possibile una terapia e che sono fortunatamente la maggioranza, questa ha la possibilità di incidere più efficacemente. Ciò vale in particolare per le malattie e disfunzioni ad andamento progressivo e cronicizzante, per i quali è accertato che una diagnosi precoce può modificare significativamente in senso favorevole la prognosi.
Meglio ancora quando la diagnosi viene fatta prima ancora che la malattia dia segni e sintomi evidenti al Paziente o al sanitario. Questa diagnosi può essere effettuata soprattutto con indagini strumentali, che per questo motivo vengono largamente impiegate negli screening. Tra queste, in Odontoiatria e Gnatologia, sono di particolare rilevanza la radiologia, la T.A.C., la R.M.N., la Elettromiografia e le altre metodologie Eletto-diagnostiche, le indagini endo-artroscopiche ed eventualmente anche quelle ecografiche. Anche nel campo odontoiatrico e gnatologico, possono essere evidenziati dallo Specialista vari fattori predittivi che ancora prima della comparsa di evidenti segni e sintomi, permettono la previsione (identificazione precoce) di una futura malattia. Ciò vale sia per la carie dentale, che per la malattia parodontale (sofferenza e/o retrazione di osso e gengiva) e per le disfunzioni mandibolari (ossee, articolari=A.T.M., muscolari, etc.).
La Intercettazione Diagnostica
La differenza tra la Diagnosi e la Intercettazione Diagnostica, si fonda proprio sulla predittività che viene permessa da quest’ultima metodica clinica, che precede e poi consente di anticipare la vera e propria fase diagnostica -più lunga e complessa-, avendo però -grazie alla identificazione di alcuni requisiti fondamentali della patologia/disfunzione in oggetto-, già la certezza della sua esistenza. Ciò consente anche di pervenire più velocemente alla fase terapeutica. Sono soprattutto i Casi asintomatici o oligosintomatici Odontoiatrici, Gnatologici e delle Disfunzioni Mandibolari ad essere i più insidiosi. Infatti, in questi Casi Clinici il Paziente è subito pronto a disconoscere la propria patologia o disfunzione, ed il Clinico può non identificarli se non utilizza un adeguato approccio Semeiotico Clinico Intercettivo, finalizzato proprio alla Intercettazione delle varie Patologie Odontoiatriche. Ciò vale in particolare nel Paziente Disfunzionale (ATM) Cranio-Mandibolare nella Pratica Clinica Odontoiatrica quotidiana. Soprattutto tale "Protocollo Clinico Intercettivo" per le Disfunzioni Mandibolari, può essere utilizzato regolarmente anche dall'Odontoiatra Generico, ovvero dai sanitari delle branche Specialistiche Complementari (Otorinolaringoiatra, Internista, Anestesista, Chirurgo Generale, etc). Per tale motivo esso deve essere semplice, veloce, pratico ed altamente predittivo. Di converso, anche l’Odontoiatra e lo Gnatologo possono utilizzare degli specifici "Protocolli Clinici Intercettivi” relativi ad altre branche mediche relative a territori anatomici contigui e di confine, come quelli otorinolaringoiatrico, ortopedico, neuro-psicologico, etc.
La disponibilità di un semplice e pratico "Protocollo Diagnostico Intercettivo", di un semplice, razionale e standardizzato "Protocollo Diagnostico Specifico" per Pazienti affetti da una Disfunzione Mandibolare e di uno specifico e Protocollare Indirizzo Terapeutico, oggi possono permettere ad un maggiore numero di Odontoiatri la possibilità di trattare nella pratica clinica quotidiana l'Apparato Stomatognatico nella sua interezza, deputando all'intervento specialistico dello Gnatologo Clinico, esclusivamente il trattamento dei Casi più complessi.
Questo approccio globale permette inoltre di mettere in guardia anche l'Operatore Sanitario più inesperto o meno attento, nei confronti di interventi occlusali e odonto-parodontali che mal si prestano ad una "integrazione biologica e funzionale con l'Apparato Stomatognatico" o peggio possano rappresentare per esso un ulteriore motivo di squilibrio o un'evento iatrogeno
Questo può far precipitare una condizione clinica preesistente instabile ed evidenziare un quadro disfunzionale ancora silente od oligosintomatico, in cui i segni ed i sintomi non siano stati preliminari opportunamente indagati e inquadrati nosologicamente. Infatti, in questi casi è consigliabile effettuare solo le "Terapie Odontoiatriche d'Urgenza", che non coinvolgano in modo irreversibile il tavolato occlusale dei denti del Paziente, al fine di non modificare ulteriormente un "pattern anatomo-funzionale” già squilibrato perchè disfunzionale.
Il "Protocollo Diagnostico Intercettivo" con il "Test di Audino", a lungo sperimentato fin dall'anno 1992, e successivamente pubblicato dal Dr. Sergio Audino sulla Rivista Andi-Sicilia del n°1 dell' anno 1996 e presentato in vari Congressi, fornisce in pochi minuti all'Odontoiatra Generico -ovvero al Pediatra, all'Otorinolaringoiatra, all'Anestesista, all’Internista, al Posturologo ed a qualunque altro sanitario debba intervenire nella bocca di un Paziente-, chiare informazioni circa la funzione osteo-articolare-muscolare dell' Apparato Stomatognatico del Paziente, riducendo così il rischio di rendere pregiudizievole una Disfunzione-Cranio- Mandibolare preesistente, ancorchè asintomatica o oligosintomatica. Il "TEST di AUDINO" è quindi finalizzato esclusivamente alla intercettazione diagnostica del Paziente Disfunzionale e non alla qualificazione e quantificazione della patologia, delle sue cause, del suo grado, della sua prognosi, che rappresentano una premessa fondamentale per la istruzione di un Piano Terapeutico. Intercettare una patologia e/o una disfunzione, è molto diverso dal diagnosticarla! Infatti, la fase diagnostica, come facilmente comprensibile, rappresenterà il momento clinico successivo alla eventuale Intercettazione Diagnostica. Ciò avverrà soltanto nel caso di una sua positività. ……………………………. ……………………………………….……..
Il "TEST di AUDINO", utilizza un test muscolare, un test articolare, ed un test funzionale ed inoltre prende in considerazione alcuni tra i sintomi più frequenti in una disfunzione mandibolare. Il Test Muscolare prende in considerazione i muscoli temporali anteriori, che sono tra muscoli più rappresentativi, quelli più facilmente identificabili e palpabili con la tecnica della digitopressione, anche dell'Odontoiatra Generico o da altro Specialista meno esperto. Il Test Articolare usa lo stesso principio della palpazione, che in questo caso viene effettuata ai poli laterali delle due A.T.M., sia con tecnica superficiale che profonda. Questo test prende in considerazione soprattutto la eventuale presenza di dolore, ma il Clinico più esperto può apprezzare contemporaneamente sia la resilienza articolare, che la eventuale manifestazione algica proveniente dal polo condilare controlaterale (mediale destro e/o sinistro) delle due A.T.M. Il Test Funzionale valuta la massima apertura della bocca raggiungibile dal Paziente, misurata con un semplice denti-metro o con un righello, rilevando la misurazione della distanza compresa tra i margini dei due incisivi centrali superiori ed inferiori (aggiungendo successivamente la misura dell’over-bite o sovra-morso). Tale misurazione può essere effettuata in modo più probante, facendo ripetere al Paziente almeno tre aperture orali, -non immediatamente consecutive-, riportando nella Cartella Clinica della "Indagine Intercettiva del Test di Audino", il valore risultante dalla media aritmetica delle tre aperture, ricordandosi, come già detto di aggiungere anche la misura dell'over-bite (misura compensatoria approssimativa), in quanto facente parte del percorso della funzione mandibolare.
Il Test di Audino, si conclude con un "Metodo di Valutazione" -che è di notevole aiuto sopratutto per il Clinico meno esperto-, permettendogli di attribuire un corretto significato ad ogni fase e valutazione del Test. Questa "Indagine Intercettuiva" si conclude con la Valutazione dell'eventuale presenza di alcuni sintomi particolarmente frequenti e significativi nelle Disfunzioni Mandibolari. Anche in tal caso le conclusioni vengono agevolate dall'uso di uno specifico "Metodo di Valutazione".
La Prognosi
La prognosi (dal greco: pro-, "prima" + gnòsis, "conoscere, sapere") è un giudizio di previsione sul probabile andamento della malattia. Viene formulata dal medico e dall’odontoiatra una volta conclusa la diagnosi, prendendo in considerazione l'usuale e nota tempistica di guarigione, le condizioni del malato, le possibilità terapeutiche, le possibili complicazioni o le condizioni ambientali. Il termine “prognosi subordinata” viene utilizzato quando l'espressione ed i tempi della prognosi sono subordinati ad altri fattori con-causali, nel caso di multifattorialità etiopatogenetica, in quanto la malattia è suscettibile di evoluzioni non prevedibili, perché correlate anche alla contemporanea terapia che dovrà avvenire (sulle note con-causalità) in altri ambiti sanitari e Sedi Specialistiche. La prognosi, pertanto, esprime i tempi necessari ed i risultati prevedibilmente ottenibili con la terapia protocollarmente specifica, in relazione alla diagnosi precedentemente effettuata.
La Terapia
La terapia è l'attuazione concreta di quanto è necessario per portare alla guarigione o tentare di guarire dalle lesioni, malattie e disfunzioni attraverso mezzi e metodi, pertanto, è anche la branca della medicina che tratta della cura delle varie lesioni, malattie e disfunzioni, ed è l'insieme dei metodi utilizzati a tal fine per alleviarne i relativi segni ed i sintomi dei Pazienti. Le terapie sono misure aventi la finalità di riportare uno stato patologico o disfunzionale a uno stato sano e/o rendere più sopportabile la manifestazione de relativi e disagevoli segni e sintomi. Ippocrate citava come strumenti terapeutici del medico: il tocco, il rimedio, la parola. La terapia (o cura) è quindi un concetto generale e applicabile a qualsiasi attività volta ad alleviare, ridurre o estinguere uno stato di disagio patologico. In ambito strettamente sanitario le terapie sono generalmente protocollate e possono essere rilasciate e prescritte esclusivamente da Esercenti una Professione Sanitaria (Medico, Chirurgo, Odontoiatra, Psicologo, etc.). Ciò che distingue la terapia come concetto dalla terapia come attività sanitaria è l'uso degli strumenti utilizzati, strumenti che la Legge può riservare a specifiche categorie professionali. Ogni terapia è subordinata contrattualmente alla preventiva chiara e trasparente informazione del Paziente con il Consenso Informato (vedi in questo sito), circa i metodi utilizzabili, le alternative terapeutiche ed i risultati ed i tempi prevedibili per ottenerli. Pertanto l’obbligo assunto dal Sanitario è di utilizzare un corretto uso di metodi e di mezzi, secondo dei ben precisi protocolli terapeutici (guide-line), e “non può essere assolutamente subordinato ai risultati ottenuti della prestazione professionale…”.
La Finalizzazione
Il termine Finalizzazione, può riguardare una fase terapeutica non sempre necessaria, ovvero non prevedibile e pertanto non pianificabile e preventivabile (come nel caso dell’Apparato Masticatorio), in quanto frutto di evoluzioni morfo-anatomiche e funzionali dovute alle terapie e/o al consequenziale rimodellamento, ovvero a vari fattori perpetuanti, modificanti, di cui alle con-causalità e multifattorialità. Pertanto, la terapia di Finalizzazione può essere reputata finale, conclusiva di un iter terapeutico composto da più momenti, fasi o step, ancorché essi siano autonomi, disgiunti, regolamentati da autonomi Consensi Informati, ed autonomi preventivi parcellari, ed interrotte da opportune Relazioni Cliniche di Dimissione. Infatti, la Terapia di Finalizzazione conservativa, può necessitare prevedibilmente o imprevedibilmente anche in itinere terapeutico, di una riabilitazione protesica, così come anche quella implantologica, che non può concludersi in altro modo se non con una riabilitazione -mobile, fissa o mista-. Anche varie altre metodiche terapeutiche che competono l’apparato masticatorio, possono contemplare prevedibili o imprevedibili successivi momenti terapeutici di Finalizzazione, come (per esempio) nel caso di terapie parodontali, in terapia ortodontica, etc. La Finalizzazione Gnatologica ha la finalità, in particolare nei Pazienti già trattati per una Disfunzione (ossea, articolare=A.T.M., muscolare, etc.), di riproporre anche sui denti una normale occlusione ed una valida relazione intermascellare (dei due mascellari, mascellare superiore e mandibola), che stabilizzi il risultato terapeutico già ottenuto. Infatti, la Gnatologia è quella branca della moderna Odontoiatria, che si occupa della anatomia occlusale dei denti e dei corretti contatti dentali che una bocca sana dovrebbe avere, iscritti sempre in una corretta, sinergica e simmetrica relazione ossea (dei due mascellari), articolare (A.T.M.) e muscolare dell’Apparato Stomatognatico (masticatorio). Tale risultato terapeutico, viene perseguito utilizzando una o più delle seguenti metodiche: l’Ortodontia, la Protesi, la Coronoplastica (adittiva o sottrattiva), secondo delle ben precise regole gnatologiche. La Terapia di Finalizzazione mira a stabilizzare i risultati già ottenuti con delle “Metodiche Terapeutiche Reversibili” (precedentemente utilizzate), con eventuali, ulteriori e successive "Metodiche Terapeutiche Irreversibili”. (Estratto da: Intervista del Dottore Sergio Audino, già Presidente della S.I.D-A.T.M., Società Italiana di Ricerca sulle Disfunzioni delle Articolazioni Temporo-Mandibolari).
Il Follow-up post-terapeutico
In Medicina, Chirurgia e pertanto, anche in Odontoiatria e Gnatologia, il percorso verso la guarigione, iniziato con la Diagnosi, la Prognosi, le Terapie e la eventuale Finalizzazione, deve proseguire con dei controlli periodici, altrimenti detti di follow-up post-terapeutico. Pertanto, il follow-up è un’attività clinica rivolta anche ai Pazienti che hanno avuto un’esperienza patologica e/o disfunzionale dell’Apparato Masticatorio e sono liberi da malattia e/o disfunzione e da ulteriori trattamenti terapeutici. Il Follow-up post-terapeutico, ha la finalità di proteggere il Paziente già trattato con varie metodiche terapeutiche, dal rischio di recidive e/o ulteriori patologie autonome o correlate. Per garantire le sue prerogative il follow-up post-terapeutico dovrà durare per almeno cinque anni, fatti salvi i casi in cui si presentino in tale spazio temporale ulteriori manifestazioni patologiche o disfunzionali anche per altra causa o natura.
Il Consenso Informato
Il Consenso Informato, altrimenti definito ovvero il Consenso Esplicito, Consapevole ed Informato, rappresenta la manifestazione di volontà che il Paziente -dopo essere stato precedentemente informato in maniera chiara, esauriente dal sanitario sulla natura e sui possibili sviluppi del percorso terapeutico-, dà per l’effettuazione di interventi terapeutici sul proprio corpo, ovvero su quello di soggetti legalmente da lui rappresentati (figli minorenni, portatori di handicap psichici, etc.). Si tratta, in effetti, di un vero e proprio documento con valore legale, il cui scopo è quello di tutelare tanto il Sanitario -Medico, Chirurgo, Odontoiatra, etc.-, quanto il Paziente. Quest’ultimo deve poter essere messo nella condizione di decidere se vuole essere curato per una malattia: ha il diritto-dovere di conoscere tutte le informazioni disponibili sulla propria salute, chiedendo al Sanitario ciò che non gli è chiaro e di scegliere di conseguenza in modo informato, se sottoporsi ad una determinata terapia. La definizione di Consenso Informato risulta delineata dalla Suprema Corte di Cassazione. “Al Sanitario -Medico, Chirurgo, Odontoiatra, etc.-, va riconosciuta la facoltà o la potestà di curare, situazioni soggettive, queste, derivanti specificamente dall’abilitazione all’esercizio della professione sanitaria, le quali, tuttavia, per potersi estrinsecare abbisognano, di regola, del ConsensoInformato che deve essere spontaneamente espresso della persona che al trattamento sanitario deve sottoporsi...” (omissis) “...il Consenso Informato ha come contenuto concreto la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità e alternative di trattamento medico, chirurgico, odontoiatrico, etc., ma anche di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla...” (omissis) “…il Consenso può essere revocato in qualunque momento. Esistono due forme di Consenso Informato, verbale e scritto. Il consenso deve essere scritto nei casi in cui la prestazione e terapia medica, chirurgica, odontoiatrica, etc., sia invasiva o se può comportare conseguenze per la salute e l’incolumità della persona. Se il Consenso Informato non viene concesso dal Paziente al Sanitario, quest’ultimo ha l’obbligo di non eseguire la prestazione, la terapia o l’intervento in questione. Negli altri casi, soprattutto quando è consolidato il rapporto di fiducia tra il Sanitario ed il Paziente, il Consenso Informato può anche essere espresso solo verbalmente, ovvero preliminarmente solo verbalmente, ma in tal caso deve essergli espresso direttamente e personalmente. In ogni caso, il Consenso dato dal Paziente deve essere informato, preceduto da un’informazione chiara, completa e dettagliata, tale da mettere il Paziente nelle condizioni di effettuare una scelta consapevole, deve ricomprendere la situazione patologica del Paziente, il trattamento consigliato, i benefici e i rischi ad esso connessi, le conseguenze derivanti dal mancato intervento, le eventuali alternative terapeutiche, con la comunicazione dei relativi eventuali rischi e dei benefici. Il Consenso Informato deve essere espresso e concesso personalmente dal Paziente, in quanto solo quest’ultimo è titolare legalmente della disponibilità del bene giuridicamente protetto; come già riportato nessuna efficacia può riconoscersi alla volontà espressa dai familiari del malato, tranne nei casi di esercizio della potestà genitoriale o della tutela legale. Il Consenso Informato deve essere contestuale al trattamento da praticarsi, manifesto, espresso il modo chiaro e inequivocabile, libero e consapevole, deve provenire da un soggetto capace giuridicamente, in grado cioè di intendere e di volere e che abbia l’età idonea a poter disporre di quel diritto.
Le uniche eccezioni all’obbligo correlato alla espressione e concessione del Consenso Informato (Consenso Esplicito, Consapevole ed Informato), sono le situazioni nelle quali il Paziente ha espresso esplicitamente la propria volontà di non essere informato, ovvero se le condizioni della persona siano talmente gravi e pericolose per la sua vita da richiedere un immediato intervento "di necessità e urgenza", indispensabile. Tale circostanza è infrequente o rara in ambito odontoiatrico e gnatologico. In questi casi si parla di Consenso Presunto. I casi in cui si può parlare di Consenso Implicito, per esempio per quelle cure di routine, o per quei farmaci prescritti per una malattia ed una terapia già note al Paziente, ed a cui precedentemente aveva già concesso il proprio Consenso Informato. Si suppone, infatti, che in questo caso sia consolidata l’informazione ed il relativo Consenso. Se il Paziente richiede direttamente al Sanitario qualunque tipo di ulteriore informazione relativa a prestazioni e terapie da effettuare o già in corso, esso deve fornirle anche se è stato già concesso precedentemente il Consenso Informato scritto. Il Consenso Esplicito, Consapevole ed Informato è revocabile dalle Parti, per giustificati motivi, in qualunque momento del percorso terapeutico, nei tempi e nei modi previsti dalla Legge, purché ciò non metta a rischio la salute del Paziente, adottando, pertanto, a tal fine ogni specifica cautela. Pertanto, anche il Sanitario -Medico, Chirurgo, Odontoiatra, etc.-, per le medesime motivazioni e nei medesimi termini e con le medesime precauzioni, può recedere dall’impegno assunto nei confronti del Paziente con il Consenso Informato.
Il Codice Deontologico
Il Codice Deontologico dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri e la Commissione Albo degli Odontoiatri di Palermo, all’Art.54, in relazione all’ Esercizio libero professionale - Onorari e tutela della responsabilità civile, recita: “Il medico-odontoiatra, nel perseguire il decoro dell’esercizio professionale e il principio dell’intesa preventiva, commisura l’onorario alla difficoltà e alla complessità dell’opera professionale, alle competenze richieste e ai mezzi impiegati, tutelando la qualità e la sicurezza della prestazione. Il medico-odontoiatra, comunica preventivamente alla persona assistita l’onorario, che non può essere subordinato ai risultati della prestazione professionale…”.
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