INTRODUZIONE
Per morso aperto (open bite) si intende un’alterazione in senso verticale dei normali rapporti occlusali, caratterizzata da una beanza anteriore dovuta a una mancanza di contatto tra i denti antagonisti[1]. La prevalenza di questa malocclusione è del 3,5% tra bianchi americani e del 16% tra neri americani in dentizione mista secondo Kelly e al.[2]. Proffit e al.[3] riscontrarono una prevalenza del 3,5% in un campione di popolazione statunitense tra 8 e 17 anni. Cozza e al.[4] trovarono una prevalenza del 17.7% in un campione di popolazione italiano di 1710 soggetti in dentizione mista con età media 9 anni e tre mesi. Le diverse classificazioni proposte nel corso degli anni hanno preso spunto sia dall’eziologia sia dalle caratteristiche morfo-strutturali della malocclusione. Una classificazione recente[5] dei diversi tipi di open bite prende in considerazione l’ezio-fisio-patologia, ossia racchiude tutte quelle situazioni che possono portare allo sviluppo della patologia. Il morso aperto può derivare:
- da fattori estrinseci di tipo parafunzionale (abitudine alla suzione);
- da fattori intrinseci parafunzionali (deglutizione atipica, ostruzione delle vie aeree);
- da fattori di tipo complesso parafunzionali (presenza contemporanea di abitudini viziate e parafunzioni intrinseche);
- da fattori di tipo scheletrico strutturale (pattern di crescita verticale determinato geneticamente);
- da fattori di tipo morfologico-strutturale (macroglossia [Kawakami e al.[6] hanno valutato la stabilità post-trattamento di due fratelli, di cui uno solo ha subito l’intervento di glossectomia parziale, l’altro un trattamento con griglia linguale], tono e orientamento dei muscoli masticatori [Rowlerson e al.[7] hanno studiato le relazioni tra pattern verticali e malocclusioni sagittali rispetto ai tipi di fibre muscolari del massetere]);
- da fattori di tipo dentale (anomalie di permuta).
Durante le fasi evolutive, il morso aperto è spesso l’espressione di una disarmonia dento-alveolare che, con il progredire della crescita e il mancato intervento precoce, coinvolge spesso le basi ossee fino a realizzare un open bite di tipo scheletrico. Oltre a ciò si potrà avere una post-rotazione mandibolare con tendenza alla crescita in II Classe e una contrazione trasversale del mascellare superiore con formazione di un cross-bite, con aggravamento della malocclusione presente su tutti e tre piani dello spazio[2]. Da un punto di vista clinico, i fattori che rivestono una importanza maggiore per la frequenza con la quale si riscontrano sono l’abitudine alla suzione (del dito, del labbro inferiore, del ciuccio) e la deglutizione atipica.
SUZIONE
La più comune tra le abitudini viziate nei bambini è la suzione del dito, in particolar modo del pollice. Tale abitudine sarebbe presente addirittura nel 70-80% dei bambini in età scolare[8-9]. Gli effetti dentali più evidenti di una prolungata abitudine alla suzione si realizzano nel periodo di eruzione degli incisivi permanenti, dove la pressione del pollice provoca nella maggior parte dei casi vestibolarizzazione degli incisivi superiori con la comparsa di diastemi, una lingualizzazione e un’intrusione degli incisivi inferiori, con aumento di overjet e overbite[1]. La suzione è sempre associata a morso aperto anteriore per una ridotta crescita verticale dei processi alveolari, cosicché si determina una riduzione dell’altezza facciale con contrazione del mascellare superiore. Al cessare dell’ abitudine, il processo alveolare cresce e gli incisivi superiori entrano in contatto con gli inferiori. Tale aumento è spesso notevole tanto da rendere possibile una correzione spontanea del morso aperto[2].
DEGLUTIZIONE ATIPICA
Ogni ventiquattro ore ingoiamo circa 2000 volte, esercitando una pressione che va da 680 grammi a 2700 grammi, per 1/5 - 1/10 di secondo. Perciò se si prende una media di 1800 grammi circa e si moltiplica per 2000, il risultato è che 3.624.000 grammi di pressione intermittente si scaricano su o tra i denti in ventiquattro ore[10].
La deglutizione atipica può giocare un ruolo patogenetico determinante nella realizzazione di un morso aperto. Alcuni Autori affermano una relazione causale tra deglutizione atipica e morso aperto, individuando in essa la diretta causa del morso aperto[11-12-13]; altri Autori, invece, sottolineano come fattore determinante la posizione della lingua a riposo più che la funzione durante l’atto deglutitorio[14], e cioè che l’open bite causi l’errato posizionamento della lingua.
Tenendo da parte le diatribe scientifiche, sia che la posizione della lingua sia la causa o la conseguenza del morso aperto, si può affermare che l’interposizione linguale durante una deglutizione atipica influenza lo sviluppo craniofacciale, impedendo la normale crescita della premaxilla verso il basso e producendo quindi un morso aperto[2].
Sulla base di quanto detto risulta di fondamentale importanza intercettare precocemente la patologia. La terapia del morso aperto da prevede l’utilizzo di griglie, che servono fondamentalmente al raggiungimento di due obiettivi: impedire la suzione del dito, determinando quindi la cessazione dell’abitudine viziata; evitare l’interposizione della lingua tra i denti anteriori, ristabilendo quindi una corretta postura della lingua ed eliminando la deglutizione atipica.
Questo purtroppo non è sempre possibile, poiché spesso ci troviamo di fronte a pazienti a fine crescita o adulti nei quali l’applicazione di una griglia non può risolvere la patologia.
STRATEGIE TERAPEUTICHE
Gli approcci terapeutici per la correzione del morso aperto anteriore possono ricondursi sicuramente a due filosofie di pensiero:
- l’approccio "funzionale", che si indirizza al controllo della posizione della lingua durante gli atti degluditori e all’eliminazione delle abitudini viziate (suzione del dito, del ciuccio e del labbro inferiore);
- l’approccio "meccanico", che si preoccupa di correggere la posizione dei denti con estrusione anteriore ed intrusione posteriore.
APPROCCIO FUNZIONALE: APPARECCHIATURE MOBILI
Poiché già dai 4 anni di età la terapia intercettiva ortodontica inizia ad assumere un vero significato, bisogna decidere se utilizzare apparecchiature fisse o mobili. Se il bambino non è collaborante, la scelta dovrà ricadere necessariamente su un apparecchio fisso. A differenza delle apparecchiature fisse, tutti i dispositivi rimovibili offrono la possibilità di collaborare attivamente con il piccolo paziente e consentono un approccio terapeutico razionale secondo i problemi di tipo psicologico presenti (apparecchi non coercitivi).
A volte è preferibile che il bambino tolga l’apparecchio per le prime volte per succhiare il dito piuttosto che determinare situazioni di aggressività, frustrazioni o altre abitudini viziate sostitutive di quella eliminata[15].
Un dispositivo che il bambino è in grado di controllare è sicuramente più accettato di un dispositivo fisso che è costretto a tenere. Gianelly[16] preferisce l’utilizzo di griglie su apparecchi rimovibili, da far portare solo quando il bimbo succhia il dito, per controllare gli eventuali risvolti psicologici negativi dovuti alla negazione coercitiva della suzione.
L’apparecchio che può essere utilizzato nel periodo della dentatura decidua è la Placca di Schwarz con griglia[17]. Questo dispositivo messo a punto nel 1935 è forse il dispositivo mobile più utilizzato in Europa. Può essere utilizzato sia per l’arcata superiore che per l’arcata inferiore ed è costituito da una base in resina, dai ganci di ancoraggio, da un dispositivo di espansione centrale a vite o a molla e dagli elementi ausiliari. La griglia è un elemento ausiliario della placca.
Anche se questi dispositivi possono trovare un impiego clinico nella pratica quotidiana, c’è da sottolineare come non ci sia grande riscontro in letteratura sull’utilizzo di griglie mobili per la correzione del morso aperto anteriore.
Proffit sconsiglia l’utilizzo di placche rimovibili poiché i risultati dipendono totalmente dalla collaborazione del paziente[18].
In un recente lavoro Pedrin e coll.[19] hanno analizzato cefalometricamente i cambiamenti scheletrici e dento-alveolari prodotti da un apparecchio rimovibile con griglia linguale associato a una mentoniera a trazione alta in 30 soggetti con I classe di Angle e morso aperto anteriore di 4 mm di media. Hanno avuto una media nella chiusura del morso di 5 mm, ma hanno concluso che i cambiamenti sono esclusivamente dento-alveolari e non scheletrici, sia per il mascellare superiore che per la mandibola, a conferma della buona funzionalità della placca mobile con griglia.
Continuando a parlare di apparecchiature rimovibili, ci si deve soffermare sugli apparecchi funzionali. Utilizzati generalmente nelle II classi, alcune di queste apparecchiature, con alcune modifiche, possono essere utilizzate anche nella terapia del morso aperto anteriore. L’apparecchio funzionale più utilizzato nei casi di morso aperto è sicuramente il Bionator di Balters. Si utilizza secondo l’ideatore nei casi di deformazione dovuti alla cattiva abitudine della lingua e delle labbra. Questo Bionator II si denomina "schermato" perché in esso si ha uno sviluppo in estensione del Bionator I mediante l’aggiunta di uno schermo acrilico nel settore frontale dell’apparecchio che impedisce alla lingua di insinuarsi tra le arcate dentali e che pertanto favorisce la spontanea chiusura delle labbra[20].
Esistono altri dispositivi funzionali sui quali si può applicare una griglia. L’apparecchio di Crozat[11], molto utilizzato in America fin dal 1919, si è diffuso in Europa solo negli anni ’70. Poiché ha dimensioni molto ridotte (è costituito infatti solo da fili), è facilmente tollerato dal paziente ed essendo rimovibile, consente un'ottima igiene orale. È formato da due ganci posti generalmente sui due primi molari, da due bracci linguali, una barra linguale. Ci sono molte strutture supplementari all’apparecchio di Crozat, tra cui la griglia. Questa è saldata ai bracci linguali e risulta, nel complesso, meno ingombrante di quella della placca e quindi più tollerata dai pazienti. Il Kinetor di Stockfisch[11], presentato nel 1952, è un apparecchio funzionale composto da due placche in resina appoggiate, senza ritenzione, una all’arcata mascellare e l’altra all’arcata mandibolare. Le placche sono collegate tra loro da due anse vestibolari e sulla placca inferiore vengono applicati i tubi di gomma, che sono la caratteristica di questo dispositivo: infatti la presenza del tubo flessibile triplo consente, nei morsi aperti, di bloccare l’eruzione dei denti posteriori con una leggera intrusione. La presenza di una griglia evita l’interposizione della lingua tra gli incisivi determinando quindi la chiusura del morso. È indicato in dentizione mista, prima dell’eruzione dei premolari.
APPROCCIO FUNZIONALE: APPARECCHIATURE FISSE
Le apparecchiature fisse non possono essere rimosse dal cavo orale, quindi sono attive 24 ore e la loro funzionalità non dipende dalla collaborazione del paziente. Per quanto riguarda la terapia con griglie fisse, un tipo di apparecchio consiste in un arco palatino al quale viene saldata una griglia metallica che rende difficile l’inserimento del pollice in bocca. Perché la griglia non sia flessibile è necessario costruirla con un filo pesante. Questo apparecchio è ingombrante ma non tagliente e può essere fissato ai secondi molari decidui o ai primi molari permanenti[12].
La terapia del morso aperto anteriore mediante l’utilizzo di griglie fisse trova riscontro in alcuni studi nella letteratura più recente. Huang e al.[21] hanno osservato una buona stabilità nel tempo dei pazienti trattati con griglia fissa e hanno sottolineato l’efficacia dell’apparecchiatura sia nei pazienti in crescita che in quelli a fine crescita. La mancanza di recidiva è sicuramente legata sia all’eliminazione dell’abitudine alla suzione che alla correzione dell’anomala postura linguale. Da Silva e al.[22] hanno raggiunto risultati eccellenti nel trattamento del morso aperto in pazienti con abitudine alla suzione del pollice con griglie palatali classiche, anche a livello psicologico. Everdì e al.[23] hanno eseguito uno studio cefalometrico su 16 pazienti in I Classe scheletrica con morso aperto da suzione del dito ed hanno ottenuto la chiusura dell’open bite mediante estrusione degli incisivi superiori e inferiori e l’intrusione dei molari, con rotazione antioraria della mandibola. Villa e Cisneros[24] hanno confrontato due gruppi di bambini con morso aperto. Il gruppo sperimentale è stato trattato con griglia fissa palatale, il gruppo di controllo non è stato trattato. I risultati ottenuti sono stati una chiusura totale o parziale del morso aperto nei pazienti del gruppo sperimentale (3,7 mm +/- 1,9), mentre nel gruppo di controllo l’open bite si è ridotto in misura minore (0,4 mm +/- 0,8).
Da diversi anni si parla in letteratura del Quad-helix con griglia per la risoluzione del morso aperto da fattori parafunzionali[25-26-27]. L’apparecchiatura descritta è costituita da un semplice Quad-helix al quale viene saldata, sul ponte anteriore, una griglia. Le indicazioni all’utilizzo clinico riguardano casi di morso aperto anteriore in dentizione mista in I Classe con contrazione dei settori latero-posteriori. La griglia costituisce un’efficiente barriera all’inserimento del dito nel cavo orale e costringe la lingua a una posizione più in alto sul palato durante gli atti degluditori. Gli svantaggi derivano soprattutto dalla difficoltà della gestione clinica dell’apparecchiatura per ciò che riguarda le attivazioni, in quanto deve essere discementata e ricementata. Una griglia fissa può essere utilizzata anche come elemento ausiliario di un RME, in quei casi in cui oltre ad una contrazione scheletrica del mascellare sia presente anche un morso aperto anteriore, come proposto da Gandini[28]. L’autrice consiglia di far saldare delle guide sui bracci laterali del RME, in modo che la griglia sia disinseribile, affinché possa essere posizionata ad espansione avvenuta.
APPROCCIO MECCANICO
Nel periodo di raggiungimento dell’adolescenza, le parafunzioni estrinseche causa di open bite in epoche precedenti, diventano meno importanti rispetto ai fattori scheletrici e ai fattori morfologico-strutturali. In un adolescente è raro che un open bite anteriore sia dovuto solamente ad abitudini viziate ed è altrettanto raro che tale difetto si corregga spontaneamente dopo che è stato eliminato l’atteggiamento scorretto[12].
Nel caso in cui ci si trovi di fronte a pazienti più grandi quindi bisogna agire sugli elementi dentari, per ottenere una intrusione posteriore ed un’estrusione anteriore.
Per estrudere gli incisivi, si utilizzano normalmente elastici intermascellari a "box". L’estensione della parte di arcata sottoposta a trazione dipende dall’ampiezza della beanza: in genere si impegna l’arcata superiore nei quattro incisivi e l’arcata inferiore da canino a canino e si usano elastici 5/16 di diametro e di forza media[29]. Nel caso in cui alla fine del trattamento ortodontico con apparecchiature fisse multibracket residui un leggero open bite, è consigliabile, per motivi estetici e di stabilità a lungo termine, chiudere il morso estrudendo gli incisivi inferiori, restituendo una lieve curva di Spee all’arcata inferiore. Per ottenere questo effetto si utilizza un arco rotondo leggero in arcata inferiore (018) con un arco rettangolare in arcata superiore ed elastici verticali di chiusura[12].
Merita un approfondimento maggiore il capitolo riguardante l’intrusione dei molari. L’azione intrusiva sui molari può essere ottenuta mediante l’utilizzo della barra palatale corta. Questa viene tenuta più in basso rispetto alla volta palatina e l’azione di spinta della lingua sulla barra provoca l’intrusione dei molari superiori. Un altro metodo consiste nell’applicazione della TEO con direzione di forza verticale intrusiva, e può essere usata in combinazione con la barra palatale corta descritta in precedenza[23]. La TEO alta può essere utilizzata anche in combinazione con un’apparecchiatura funzionale con bite block[12]. In questo caso si estende il controllo dell’estrusione anche ai molari inferiori.
Stuani e al.[30] hanno trattato una paziente di 7 anni con morso aperto scheletrico con una terapia combinata. La bambina ha portato per un anno una placca amovibile con griglia, seguita da un espansore con rialzi incollato a cui sono stati applicati i tubi per la trazione extra-orale alta, per ottenere una intrusione di tutti gli elementi dei settori posteriori, con risultati molto buoni sia a livello scheletrico ma soprattutto dento-alveolare.
Gurton e al.[31] hanno proposto un apparecchio mobile denominato Molar Intruder. È una classica placca in resina con ganci che presenta dei fili in acciaio elastico di 0,7 mm di spessore che vengono modellati sui molari sia superiori che inferiori, e poi possono essere attivati prima dell’applicazione nel cavo orale. L’azione intrusiva viene quindi espletata da questi prolungamenti in filo. Gli autori hanno trattato 14 pazienti di età media 10 anni e 7 mesi, ottenendo in tutti i pazienti la chiusura del morso con buoni risultati scheletrici. L’effetto intrusivo risulta quasi raddoppiato quando non è ancora presente in arcata il secondo molare.
Poiché la controindicazione assoluta all’utilizzo di apparecchiature rimovibili di qualsiasi genere è la collaborazione da parte del paziente, gli autori si sforzano di cercare soluzioni fisse per aggirare l’ostacolo.
Carano e al.[32-33] hanno illustrato gli effetti clinici del RMI (Rapid Molar Intrusion). Sono moduli elastici che si applicano ai tubi vestibolari ausiliari delle bande ortodontiche sui quattro primi molari mascellari e mandibolari. Quando il paziente occlude, questi moduli flettono e producono una forza intrusiva di 600-900 grammi su ogni molare. L’intrusione e la contemporanea chiusura del morso sono prodotti in 4-6 mesi senza l’ausilio di elastici verticali. Gli Autori riferiscono di non aver avuto alcun problema a livello temporo-mandibolare, ritengono questi studi promettenti ma c’è bisogno di valutare la stabilità a lungo termine dei casi trattati.
Il morso aperto anteriore può essere trattato anche con estrazioni dei premolari. e Cal-neto e al.[34] hanno trattato una caso grave di open bite scheletrico con griglia fissa in prima fase, seguita da espansione ortopedica del mascellare e applicazione di un bite-block con trazione alta. Contemporaneamente sono state effettuate estrazioni seriate e finalizzazione con ortodonzia fissa per la risoluzione del caso. La durata del trattamento e l’incertezza sulla stabilità del risultato a lungo termine ha fatto chiedere agli Autori se sia il caso di trattare ortodonticamente o rimandare al trattamento chirurgico questo tipo di malocclusioni.
Janson e al.[35] hanno messo a confronto la stabilità a lungo termine dei casi di openbite trattati con e senza estrazioni. Il campione consisteva di 21 soggetti trattati senza estrazioni e 31 soggetti trattati con estrazioni. Gli incisivi dei casi estrattivi subivano minore estrusione degli incisivi dei soggetti non estrattivi, e chiaramente maggiore retrazione e lingualizzazione. Sebbene non ci sia una correlazione statisticamente significativa sulla maggiore stabilità a lungo termine e le estrazioni, e sebbene non ci sia maggiore presenza di recidiva nei casi non estrattivi, gli Autori concludono che la stabilità dell’overbite nei casi estrattivi è maggiore alla fine del trattamento rispetto ai casi non estrattivi.
A questo riguardo sono esplicativi i case report di Tanaka e al.[36] e Saito e al.[37]; la correzione dell’open bite avviene per retrusione ed estrusione del gruppo anteriore superiore e inferiore. Questo avviene sia che siamo di fronte a una II classe dento-scheletrica, sia che siamo di fronte a una III classe dento-scheletrica.
Negli ultimi anni con l’entrata in commercio dei mini-impianti e delle micro-viti per scopi ortodontici, le strategie e le possibilità terapeutiche per l’ortodontista sono cambiate radicalmente. Esiste infatti per l’ortodontista la possibilità di sfruttare ancoraggi ossei che non prevedono il coinvolgimento di altri denti o l’utilizzo di apparecchi rimovibili e che quindi permettono lo spostamento di alcuni denti senza il coinvolgimento di altri denti. Il successo della terapia non è influenzato dalla collaborazione del paziente.
Sebbene l’idea di sfruttare degli impianti temporanei per ottenere un ancoraggio scheletrico sia stata proposta già nel 1945[38], il primo case report compare in letteratura solo nel 1983[39]. Nonostante ciò è solo negli ultimi anni che si riscontra un aumento in letteratura di lavori riguardanti l’ancoraggio scheletrico, probabilmente per l’evoluzione in studio delle tecniche chirurgiche.
Tra le innumerevoli indicazioni all’utilizzo di impianti temporanei per scopi ortodontici troviamo anche "l’intrusione singola o multipla di denti posteriori in sovraeruzione[40].
Fino a poco tempo fa’ la chirurgia ortognatica veniva considerata il trattamento di scelta per la risoluzione di un severo open bite scheletrico[41]. Oggi è possibile risolvere gravi open bite scheletrici con l’utilizzo di ancoraggi scheletrici.
Nel confronto tra mini-impianti[42] e micro-viti, risultano più semplici nell’utilizzo e più economiche le micro-viti[43]; non necessitano infatti di procedure chirurgiche particolari e sono molto semplici da rimuovere.
Sono numerosi i case report riguardanti questo tipo di trattamenti[42-43-44-45].
È interessante lo schema biomeccanico suggerito da Park e al.[41], che illustra le differenze nel controllo della posizione verticale dei molari durante la chiusura degli spazi estrattivi tra un trattamento senza ancoraggio scheletrico e con ancoraggio scheletrico. Il movimento mesiale del molare inferiore avviene senza inclinazione della corona ma attraverso traslazione corporea.
Xun e al.[46] hanno trattato 12 pazienti a fine crescita con open bite scheletrico e II classe scheletrica mediante l’utilizzo di microviti. In tutti I pazienti hanno ottenuto l’intrusione molare di 2.8 mm di media, 4 mm di correzione dell’over bite, e l’aumento di 2,3° dell’angolo SN^Piano mandibolare, con rotazione oraria quindi del piano mandibolare.
CONCLUSIONI
Il primo fattore da considerare nel trattamento di un open bite è l’età del paziente: il morso aperto anteriore da suzione del dito e/o da deglutizione atipica deve essere intercettato precocemente con l’utilizzo di griglie fisse o mobili. Le griglie fisse sono comunque più sicure perché non dipendenti dalla collaborazione del paziente. Quando c’è contemporaneamente un grave problema trasversale, si possono risolvere entrambi i problemi con un’unica apparecchiatura.
Per quanto riguarda il trattamento di pazienti a fine crescita, dove spesso i problemi funzionali non trattati sono divenuti strutturali, con l’avvento delle mini viti per scopi ortodontici le possibilità terapeutiche si sono ampliate moltissimo. Casi gravi infatti di open bite scheletrici, che fino a pochi anni fa’ erano considerati chirurgici, possono essere risolti con un trattamento ortodontico fisso con ancoraggio scheletrico tramite le mini viti, e presentano una buona stabilità post-trattamento.
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Dentista Lombardia, Bergamo
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