Il treponema pallidum è un batterio che fa parte delle spirochete ed è l’agente eziologico della sifilide, denominata anche lue, nella storia troviamo che la malattia si era diffusa dalle Americhe al continente attraverso i marinai di Cristoforo Colombo; questo microrganismo è in grado di attraversare tutte le mucose orali e genitali intatte e la cute lesa, per cui la promiscuità sessuale, la prostituzione e il poco utilizzo di protezioni, sono la causa principale della diffusione della patologia.
L'infezione può essere anche trasmessa attraverso la trasfusione di sangue o emoderivati; la sifilide non può essere trasmessa attraverso la condivisione di posate o indumenti, l’uso di bagni comuni, piscine, idromassaggi, gli animali non sono portatori della malattia. Circa 1milione di donne gravide all’anno sono colpite da questa patologia e hanno come conseguenza aborti spontanei; se non trattata può dare un tasso di mortalità che troviamo maggiore negli uomini.
La diagnosi clinica è difficile e va sempre accertata con esami ematochimici o con la microscopia. L’accertamento diagnostico iniziale meno invasivo è il prelievo ematico, in cui si valuta la VDRL (Venereal Disease Research Laboratory test) che è un test non treponemico, non sempre affidabile, per cui dovrà poi essere confermato dal TPHA o FTA-ABS, che sono test diagnostici in grado di distinguere le varie forme della malattia.
La microscopia o prova diretta è la tecnica utilizzata per confermare la diagnosi sierologica, attraverso la visione in campo scuro del liquido sieroso proveniente da un'ulcera, ma non in tutti gli ospedali troviamo la presenza di attrezzature e personale in grado di eseguire questo test, che deve essere effettuato entro 10 minuti dall'acquisizione del campione.
Sono distinte diverse forme:
- Nella forma primaria dopo alcuni giorni, troviamo nel punto del contatto, la formazione del sifiloma, che si presenta come un’ulcerazione non dolente che varia da pochi millimetri fino ad arrivare ad alcuni centimetri, per poi evolvere in papule.
- nella forma secondaria troviamo una spiccata presenza di linfonodi e noduli disseminati al tronco a volte anche di tipo pustoloso.
- la forma terziaria si stabilizza nel 30% dei soggetti non precedentemente curati, i pazienti entrati in questa fase risultano essere non sono contagiosi.
- La sifilide congenita si può verificare durante la gravidanza o durante il parto, due terzi dei bambini nascono senza sintomi. I sintomi più comuni che poi si svilupperanno nel corso della vita, sono l’epatosplenomegalia, rash cutaneo, polmonite, neuro sifilide e la febbre, se non trattata, la sifilide congenita può portare a deformazioni del naso, alla presenza dell’articolazione di Clutton, al segno di Higoumenakis, allo stinco a sciabola e ad altre patologie. La sifilide congenita nei neonati può essere prevenuta, grazie allo screening precoce e il trattamento delle madri infette a partire dalla prima visita prenatale, nel caso di risultati positivi, è raccomandato il trattamento anche dei loro partner, che potrebbero essere potenziali portatori. Nei paesi in via di sviluppo la sifilide congenita è ancora comune, in quanto molte donne non ricevono cure prenatali o dove lo screening non è presente; nei paesi sviluppati, le madri che fanno uso di droghe e alcol sono più predisposte verso la malattia, in quanto sono meno disponibili a sottoporsi alle cure durante la gravidanza.
A oggi non esiste ancora un vero vaccino efficace di sicuro uso per la prevenzione dalla malattia, per cui l'astinenza da contatto fisico intimo con una persona infetta è efficace nel ridurre la trasmissione della sifilide, così come l'uso corretto del preservativo in lattice che ha diminuito le possibilità di contagio, ma non ha eliminato completamente il rischio.
La sifilide è ancor oggi una malattia soggetta a denuncia in molti paesi, tra cui l’unione europea, ciò significa che gli operatori sanitari sono tenuti a informare le autorità di sanità pubblica nel caso si sappia di un infetto.
Nella quotidianità clinica odontoiatrica di tutti i giorni è possibile riconoscere le lesioni e prevenire il diffondersi della patologia, come in questo caso riscontrato clinicamente e poi confermato, nel reparto di patologia orale degli O.O.R.R. Bergamo, dove il paziente non era a conoscenza di essere affetto dalla patologia.
Autori: Ruffoni Diego e Mariani Umberto.
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