Una paziente, che ha quasi teminato il trattamento di cure, oggi si presenta in Studio con suo marito e un'ombra dietro di sé. Non vedo subito bene di cosa si tratti, perché l'uomo è robusto ma, ben presto, mi rendo conto che dietro questo grande uomo c'è una bambina, una bambina di tredici anni che piange senza un apparente motivo. Io la guardo; è alta e graziosa, con un morso coperto piuttosto evidente e canini ancora alti, così - deformazione professionale - chiedo se la bambina sia già in cura per l'apparecchio ortodontico necessario. Appena parlo di "cura" riprende a piangere guardandomi le mani con insistenza.
Suo padre la accompagna in sala d'attesa parlandole sottovoce e rassicurandola in modo evidente, ma la bambina continua a piangere. Intanto io penso che si tratta di un trauma, di qualcosa che è presente in modo insistente nella sua mente.
Finisco con la mamma ed entrano insieme, padre e figlia. Gli occhi di tutti sono su di me.
Cerco di farla sedere, le chiedo qual'è il problema ma, tra i singhiozzi e lo smarrimento, non riesce a rispondere. Mi racconta invece sua madre una storia ai margini con la fantascienza: quattro denti estratti senza anestesia, in una bambina che dal dentista non era stata mai. "Si era accorto che l'anestesia non aveva preso, ma ha continuato togliendo due denti insieme" - continua la madre. La bambina intanto seduta nella poltrona del riunito continua a guardarmi le mani e sposta lo sguardo come per scappare.
Prendo uno specchio da prima visita e glielo metto tra le mani, invitandola a vedere con me i suoi problemi.
Mi rendo subito conto che c'è ancora un'ultima estrazione da fare, un dente ritenuto in IV.4 e una carie del 6.4 di discrete dimensioni occlusali, in cui certamente è necessaria l'anestesia.
Dopo avere visto ciò che dovrei risolvere, mi appare evidente che l'otturazione e l'estrazione sono le ultime cose che devo fare. Si tratta di far superare a questa ragazzina un trauma e, precisamente, il sentirsi impotenti di fronte a una violenza, il subire senza potersi difendere. Così ho cercato di farle vedere i limiti e le difficoltà di quel dentista, che "doveva finire un lavoro, che "non voleva farle del male".
E' spesso necessario correggere i limiti dei colleghi, nella speranza che un errore non sia mai volontario e nel desiderio di insegnare la speranza nella mente di questa piccola bambina, che oggi è così, ma che domani sarà una donna e ricorderà per sempre il torto subito.
"Bisogna voltare pagina" - le ho detto, nell'idea di aiutarla ad uscire dal vicolo cieco del ricordo drammatico di un dolore inutile.
C'è anche da dire che spesso i bambini vengono sottovalutati come pazienti, perché "fanno perdere tempo" e collaborano poco. Infatti, non tutti i dentisti si occupano di bambini. Ma sono persone!
L'auspicio è che proprio da un dentista non ci si debba mai aspettare una violenza gratuita e che i medici servano a recuperare, mai a distruggere.
Suo padre la accompagna in sala d'attesa parlandole sottovoce e rassicurandola in modo evidente, ma la bambina continua a piangere. Intanto io penso che si tratta di un trauma, di qualcosa che è presente in modo insistente nella sua mente.
Finisco con la mamma ed entrano insieme, padre e figlia. Gli occhi di tutti sono su di me.
Cerco di farla sedere, le chiedo qual'è il problema ma, tra i singhiozzi e lo smarrimento, non riesce a rispondere. Mi racconta invece sua madre una storia ai margini con la fantascienza: quattro denti estratti senza anestesia, in una bambina che dal dentista non era stata mai. "Si era accorto che l'anestesia non aveva preso, ma ha continuato togliendo due denti insieme" - continua la madre. La bambina intanto seduta nella poltrona del riunito continua a guardarmi le mani e sposta lo sguardo come per scappare.
Prendo uno specchio da prima visita e glielo metto tra le mani, invitandola a vedere con me i suoi problemi.
Mi rendo subito conto che c'è ancora un'ultima estrazione da fare, un dente ritenuto in IV.4 e una carie del 6.4 di discrete dimensioni occlusali, in cui certamente è necessaria l'anestesia.
Dopo avere visto ciò che dovrei risolvere, mi appare evidente che l'otturazione e l'estrazione sono le ultime cose che devo fare. Si tratta di far superare a questa ragazzina un trauma e, precisamente, il sentirsi impotenti di fronte a una violenza, il subire senza potersi difendere. Così ho cercato di farle vedere i limiti e le difficoltà di quel dentista, che "doveva finire un lavoro, che "non voleva farle del male".
E' spesso necessario correggere i limiti dei colleghi, nella speranza che un errore non sia mai volontario e nel desiderio di insegnare la speranza nella mente di questa piccola bambina, che oggi è così, ma che domani sarà una donna e ricorderà per sempre il torto subito.
"Bisogna voltare pagina" - le ho detto, nell'idea di aiutarla ad uscire dal vicolo cieco del ricordo drammatico di un dolore inutile.
C'è anche da dire che spesso i bambini vengono sottovalutati come pazienti, perché "fanno perdere tempo" e collaborano poco. Infatti, non tutti i dentisti si occupano di bambini. Ma sono persone!
L'auspicio è che proprio da un dentista non ci si debba mai aspettare una violenza gratuita e che i medici servano a recuperare, mai a distruggere.
Dentista Liguria, Savona
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