Asportazione di un dente che si pratica quando si dimostrano insufficienti tutti i trattamenti di conservazione del dente, compromesso dalla carie o eccessivamente mobile per periodonziopatia, oppure si rende necessaria per l'applicazione di protesi, o per motivi ortodontici, ecc. In alcuni pazienti (per es., i diabetici, i soggetti affetti da alterazioni cardiovascolari o che abbiano, come gli emofiliaci, disturbi della coagulazione, ecc), l'estrazione dentaria può provocare l'insorgenza di complicazioni piuttosto serie: è quindi indispensabile orientarsi correttamente verso la più opportuna premedicazione attraverso calmanti, antibiotici o farmaci specifici per i vari disturbi, o per decidere eventualmente di rinunciare all'interivento. L'estrazione dentaria può essere semplice o chirurgica. Nel primo caso si seziona, con l'aiuto di uno specifico strumento (sindesmotomo), il legamento che collega il dente al suo alveolo, quindi, con apposite leve, variabili a seconda del dente da estrarre, si rimuove la radice e infine, con movimenti laterali di ampiezza crescente, il dente, serrato da pinze o tenaglie da estrazione, viene tirato fuori dal proprio alveolo. Per denti con una sola radice, piccoli movimenti di rotazione sul loro asse possono essere sufficienti per completare il distacco dei legamenti. L' estrazione dentaria chirurgica si adotta quando non è possibile procedere effettuando quella semplice, per es. quando le radici sono fratturate (in tal caso si pratica una alveolectomia), o per i denti del giudizio inferiori inclusi (in questo caso l' e. d. può talvolta essere piuttosto difficoltosa e richiedere la trapanazione dell'osso lungo il fianco esterno del dente e a volte la spezzettatura del dente stesso), o per i denti del giudizio superiori inclusi o per i canini superiori inclusi.