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Ortopedia dento-facciale

La malocclusione di seconda classe scheletrica da retrusione mandibolare

by Dott. Paolo Manzo 28-01-2008 26821 visualizzazioni

L’ ortopedia dento-facciale è la branca dell’ortodonzia che si occupa della diagnosi e della terapia delle malocclusioni di tipo scheletrico. Tali problematiche possono essere sia di natura verticale che sagittale (postero-anteriori) o trasversale. Le malocclusioni a componente sagittale più diffuse in Europa sono quelle connesse ad un iposviluppo della mandibola o all’ipersviluppo del mascellare o, ancora, ad una combinazione di entrambi i fattori. L’iposviluppo o la retrusione della mandibola è di certo l’ evenienza che si riscontra più frequentemente nei pazienti con malocclusione di seconda classe scheletrica e può essere di grado lieve, moderato o severo rientrando a volte in quadri sindromici più complessi. Il segno clinico estetico più evidente di tale problematca è la presenza di un profilo convesso con il mento arretrato, come segno intraorale c’è la presenza di un aumentato overjet, che esprime la distanza orizzontale tra i denti superiori ed inferiori. La diagnosi di malocclusione di classe II viene effettuata integrando i risultati dell’esame obiettivo del viso del paziente con l’ esame della radiografia laterale del cranio (telecranio in norma lateralis) attraverso la cefalometria e con la valutazione del rapporto dentario tra l’arcata superiore ed inferiore. Il trattamento di una malocclusione di classe II scheletrica da iposviluppo mandibolare si basa sul concetto della stimolazione di crescita addizionale della mandibola. Infatti, l’ortodontista attraverso la terapia ortopedico-funzionale induce il paziente ad assumere in maniera automatica ed inconscia una posizione avanzata della mandibola che rappresenta per essa uno stimolo alla crescita. Questo input fornito dal trattamento sommato alla crescita che il paziente avrebbe avuto in assenza di terapia, porta alla correzione della discrepanza scheletrica equilibrando il mascellare superiore e la mandibola. La natura stessa della correzione implica la necessità di intervenire prima della fine della maturazione scheletrica del paziente. Pertanto, i pazienti adulti possono essere sottoposti o a terapie di camouflage (mascheramento della malocclusione) che nei casi ove è indicato possono dare risultati interessanti o a terapie combiante ortodontico-chirurgiche, ma non giovano, ovviamente, di un trattamento ortopedico.

A che età dunque è opportuno iniziare tale trattamento?

L’età ideale in cui la terapia ortopedica consente di ottenere i migliori risultati è quella in cui il paziente manifesta il picco della crescita puberale. In questo periodo si osserva una accelerazione nella crescita scheletrica e quindi nell’aumento in statura e nella crescita della mandibola oltre alla comparsa di una serie di segni secondari tipici della pubertà. Intervenendo in questa fase si possono ottenere i risultati desiderati con il miglior bilancio tra durata del trattamento ed efficacia dello stesso. Nella maggioranza dei soggetti il picco di crescita inizia tra i 10 ed i 12-13 anni e l’individuazione di questo momento “ottimale” si può effettuare con varie metodiche che vanno dall’analisi carpale (mediante radiografia di polso e mano) all’esame delle vertebre cervicali (che viene effettuata sulla radiografia del cranio già richiesta per la diagnosi) e diversi altri metodi. Esistono, tuttavia, diverse condizioni cliniche in cui all’iposviluppo mandibolare si associano altre problematiche come, per elencarne solo alcune, la contrazione sul piano trasversale del mascellare superiore e/o alterazioni come lo scivolamento funzionale della mandibola e la suzione o l’interposizione del labbro inferiore. In taluni di questi casi può essere indicato o a volte indispensabile un trattamento che viene definito “intercettivo” proprio perché effettuato in epoca precoce anche tra i 5 e gli 8-9 anni con lo scopo di eliminare i fattori perpetuanti o aggravanti della malocclusione o di aspetti ad essa correlati. La terapia “intercettiva” spesso può ridurre la durata e la complessità del trattamento ortodontico che il paziente farà successivamente o in taluni casi addirittura evitarlo. Lo stesso trattamento ortopedico può essere opportuno iniziarlo in epoca precoce (cioè prima del picco puberale) e combinarlo a volte con altre terapie nei casi di iposviluppo mandibolare grave puro o quando questo rientri in un quadro clinico più complesso (Sindrome di Pierre-Robin, ipo-iperplasia/trofia, distrofia-atrofia muscolare). Pertanto, la possibilità di visitare il bambino già in dentatura decidua cioè prima dei 6 anni può risultare di estrema importanza per inquadrare situazioni quali quelle descritte che rappresentano tuttavia una minoranza di casi ed in generale per valutare l’esistenza o meno di fattori che possano influire negativamente sulla permuta dentaria, sullo sviluppo dei mascellari o sulla funzione.

Quali e come sono fatti i dispositivi per la correzione dell’iposviluppo mandibolare?

Esistono diversi presidi studiati a tale scopo che prevedono l’utilizzo di un singolo dispositivo o di una doppia placca, una da applicare all’arcata superiore ed una all’inferiore che interagiscono tra di esse per portare il paziente in posizione avanzata. Tali apparecchi possono essere rimovibili, applicati dal paziente, o fissi, cioè cementati ed in genere sono intraorali, cioè non esterni alla bocca. Tipo di apparecchio e tempo di applicazione dello stesso, per quelli rimovibili, così come la durata della terapia vengono decisi dall’ ortodontista che valuterà ad ogni appuntamento i miglioramenti ottenuti e quindi la collaborazione del paziente.

Dr. Paolo Manzo

www.dentista-napoli.it
 

Scritto da Dott. Paolo Manzo
Frattamaggiore (NA)

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